. . . All you life, you were only waiting for this moment to be Free . . . * Nulla enim culpa est in somnis.

venerdì 22 febbraio 2013

La perfezione di plastica

Salve gente! Chi capisce per primo di cosa sto parlando potrà scegliere l'argomento del prossimo testo ;D

Che noia la nostra vita. Tutte uguali.
Perfette, invidiate da tutte quelle diverse. Circa una terza di seno, sederino da pin-up, ventre piatto. Cosce e braccia magre. Piedini piccoli piccoli, anch'essi perfetti. Occhi 
solitamente azzurri, ma ne stanno spuntando anche marroni. Capelli biondo platino, morbidissimi all'inizio, poi tendenti al crespo. Ultimamente ho visto anche qualche bruna, qualche rossa, ma sono dei fake, non sono originali. Tarocche. Rifatte. 
Naso aquilino, dita affusolate, orecchie... perfette. Tanto per cambiare.
Sorridiamo sempre, labbra non troppo piene - solo le rifatte hanno labbroni enormi a canotto - sempre truccate. Come anche le palpebre, ovviamente. Mai fuori posto. E gli zigomi, oh gli zigomi, con tre chili di fard... perfetto.
La perfezione è una costante, che tu sia bruna o bionda sarai sempre perfetta. 
Ma dopo un pò anche la perfezione stufa... Infatti viviamo pochi anni, poi veniamo gettate via come pezze vecchie, o regalate al miglior acquirente.
Non è raro trovarci nude. Grazie a Dio non siamo tanto pornografiche, merito della perfezione. Ma solitamente indossiamo vestiti improbabili - da principesse, abbinati male, strappati, bucati, scritti - ma addosso a noi divengono perfetti. Alcune di noi hanno anche la possibilità di mettere ai lobi preforati orecchini fuori moda. Ringrazio il cielo di non averli pure io.
Siamo un sogno, un sogno di plastica, usa e getta.  Dopo una certa età diventiamo poco credibili. Veniamo usate di meno. Veniamo dimenticate. Nessuno pensa a cosa vorremmo NOI.
Baciamo il nostro alter ego maschile, che sembra più gay che uomo. A volte ci baciamo anche tra di noi. Ne siamo costrette. Veniamo cambiate tre volte al minuto. Non veniamo praticamente mai lavate. Veniamo picchiate, sbattute, palpate, succhiate, tagliate, denudate, maltrattate, rotte, ricomposte, ferite dentro e fuori, senza che esca sangue né dal corpo, né dall'anima. Perché siamo mute. Siamo sottomesse. Cinquanta sfumature di grigio ci fa un baffo. Mai comode, sempre rigide. Come burattini.
E dobbiamo sempre sorridere. Far finta d'esser felici. E ringraziare Iddio se finalmente ci chiudono in santa pace dietro un vetro, come se fossimo un cimelio. Fino al prossimo padrone. Fino alla prossima tortura. Vestito, bacio, casa, cucina, terra, taglio, nuda, corsa, doccia, mangiata... 
E' questa la nostra vita. Ed io spero un giorno di poterci ribellare, assieme ad i maschi-non-maschi con papillon e smoking ed ai cani col pelo immobile chiusi senza ossigeno in gabbiette improbabili e dure.
Basta sfruttamenti. Si va in scena.

Who's she? Commentate, e vi arriverà anche un regalino allegato!
Ivy 

giovedì 21 febbraio 2013

Biblioteca

Miei cari lettori buongiorno! Oggi ero in biblioteca, il mio luogo magico... ed ho pensato a voi. Buon divertimento! :D

Biblioteca, quattro tavoli, decine di scaffali. Tre computer, può di tremila libri. Poche persone rispetto al decennio scorso, ma la tecnologia imperversa, perché consultare i libri?
Computer, auricolari e libro. Distrattamente creo orecchie agli angoli del libro, mentre i miei denti trucidano una chewing gum al gusto fragola. Musica da discoteca m’isola dal mondo e crea rumore nella mia mente, mantenendo allo stesso tempo il silenzio nell’ampia sala. Rumori esterni, solo il ticchettìo dei tasti, vinti da abili mani di giovani ed adulti.
Un signore, in mano un libro di Agatha Christie, s’alza con faccia contrita, tentando di non far rumore; ma la sedia non è d’accordo, e cigola comunque. La sua vicina, una signora sulla cinquantina con sotto al naso un appassionante Harmony, lo guarda in cagnesco, seguita a ruota da tutte le persone nel loro raggio d’azione. L’uomo si scusa con un cenno.
Una ragazza carina cerca un libro sull’architettura, che guarda caso è già in mano del povero occhialuto studente universitario che si fa pagare una miseria per mantenersi gli studi.
L’alunno cazzone è in azione, fa finta di studiare ma in realtà è in biblioteca solo per la connessione wifi. Stessa cosa l’ultrasettantenne ai pc comuni, che guarda immagini discutibili su siti altamente “educativi”.
Io sonnecchio sul futuro del verbo °ϵιμι’, quando si siede un ragazzo accanto a me, che mi ricorda in modo incredibile Ron di Harry Potter: capelli rossi, lentiggini, labbra piene, naso un po’ schiacciato, un po’ goffo. Veste il classico maglione-e-camicia, jeans consumati, giaccone ampio avana. Chiede cortesemente – o almeno credo – di potersi accomodare, se per caso avesse disturbato. Gli faccio cenno di no, “no problem” mimo con le labbra. Lui s’accoccola sulla famigerata seggiola di legno, poi tira fuori un mattone di fisica. Scientifico, lo classifica automaticamente la mia mente. Concluso il mio interesse per un matematico, torno al futuro. °’ϵσομαι , °’ϵση (ι sottoscritta), °’ϵσται… “Scusa…” lo sento mormorare. Tolgo un auricolare.
“Come prego?”
“Scusa, non volevo disturbarti, solo… Quello è greco?”
“No, ostrogoto moderno” rispondo io rimettendomi l’auricolare.
“Ma davvero?” risponde l’idiota. Ma come si fa ad essere tanto cerebrolesi?
Tolgo l’auricolare, di nuovo. “No, è greco, era una battuta.”
“Ah! Oddio scusami…” borbotta, poi tira fuori una specie di barretta di cioccolato, solo che non è cioccolato, è… Qualcosa d’indefinito. Lo morde, spargendo su tutto il tavolo briciole, poi si pulisce il labbro lurido con la manica dell’altrettanto lurida giacca. Che ribrezzo.
“Ne vuoi un po’?” sputacchia, i denti marroni spinti all’infuori per attuare una specie di sorriso sghembo.
Reprimo la smorfia di disgusto che vorrei fare. “No, grazie, sono a posto” mormoro.
Ritorno sul libro, tuttavia non riesco a concentrarmi: il tipo mastica tanto rumorosamente da coprire anche il rumore della musica, e se ne sono accorti anche i vicini. Poi, sempre sputacchiando, inizia a bisbigliare formule strane. Nel frattempo s’avvicina una guardia.
“Scusa ragazzo” gli dice “faresti meno rumore gentilmente?”
Non l’avesse mai detto! Questi scatta in piedi, il mattone elevato sul capo come una mazza da baseball, ed inizia a sbraitare che in Italia non c’è più libertà. E poi… Poi inizia a parlare in… Greco antico? Non capisco… Il verbo °ϵιμι’… Ancora… Basta…

Apro gli occhi. Il libro di greco, sotto il mio capo mezzo imbambolato, è aperto sulla pagina dedicata al futuro del verbo °ϵιμι’. Vlc media player ha già fatto tre volte il giro della mia playlist. Fuori è buio.
Forse dovrei cambiare scuola. Questa è davvero da incubo, da pisolini in grande stile.

Un bacione :*
La vostra Ivy

martedì 19 febbraio 2013

Il maledetto: chi "ce la fa"

Disegno Presentatore televisivo pitturato su IvyVazQualche giorno fa mi sono imbattuta per caso in questo articolo, scritto da Pierluigi Sacco (economista dell'arte): La maledizione del vincitore.Lo stesso concetto esprimeva qualche ora dopo Filippo II in Alexander, solo che riferito agli Dei. Ma gli Italiani non stanno forse all'Italia come gli Dei stavano all'Olimpo?Già da un pò di tempo riflettevo a mia volta su questo concetto, l'odio verso le persone che "ce la fanno", che non rimangono sconosciute, che desiderano diventare qualcuno nella vita. E di conseguenza lo scopo della nostra esistenza.E' colpa degli invidiosi? E' colpa di chi fa successo? Decretate voi quale sia la causa. Io dirò la mia - o meglio, la scriverò.Io credo che nella vita lo scopo recondito di ognuno sia diventare un personaggio pubblico, riconosciuto: perché viviamo in una società che si basa sulla comunicazione, sulla televisione, sui mass media e sulla pubblicità: non a caso numerosi bambini dicono alla maestra "Da grande voglio fare la ballerina/il calciatore/il cantante/l'attrice" e chi più ne ha, più ne metta. Ma perché? Perché si guadagna tanto? No, questo i bimbi non lo sanno. Perché si parla di te. Si parla male, si parla in modo giudizioso, si parla bene, ma SI PARLA. E' questo ciò che per anni l'animo umano ha voluto: divenire qualcuno, essere ricordato.
Io dico sempre che se nella vita non diverrai qualcuno, non vivi. Che nasci a fare? Per venire dimenticato? Allora è inutile. Il successo sta alla base di tutto. Allora come mai i sognatori, che volevano divenire attrice, cantante, calciatore, ballerina, poi divengono altro?Perché servono anche muratori, elettricisti, idraulici, direte voi. Ebbene, vi do ragione. Però non potrebbero aver smesso di lottare per quegli stessi sogni che una volta li portavano avanti? Non potrebbero aver mollato quei loro idoli, perché convinti che "prima o poi si cresce"? O peggio ancora, il fulcro di questo mio post: qualcuno potrebbe aver tranciato loro le ali, chiuso i loro cassetti, cambiato le loro fragili idee? Gianni Morandi diceva "Se sei a terra non strisciare mai/ ti diranno sei finito, non ci credere/ devi contare solo su di te/ uno su mille ce la fa/ ma quanto è dura la salita"... Che si riferisse proprio a ciò? Parlando tanto di crisi, non stanno forse tentando di metterci... in crisi? Le abbiamo davvero provate tutte per divenire "famosi" nel nostro ambito?
Ma torniamo in carreggiata: supponiamo che su 25 alunni di una classe almeno uno divenga famoso. Divenga... Ballerino. Famoso ovunque. Gli altri 24, gelosi, vorranno avere un pò di celebrità: chiameranno il nostro Billy Elliot e gli diranno "Ciao, ti ricordi di me? Sono il tuo amico delle elementari... Quello che per finta diceva che eri grasso! Mi manderesti due autografi... O ancor meglio, mi faresti salire sul palco?" Billy (ormai l'ho battezzato così) potrebbe dire "no, non si può per regolamento"... E lì scatterebbe il putiferio. L'invidia prenderebbe piede: il compagno andrebbe nel salottino di Barbara d'Urso a raccontare che il suddetto Billy era grasso alle elementari, e che... Boh, che picchiava tutti i bimbi, che alle superiori si drogava, che gli aveva rubato la ragazza, qualunque cosa - vera o presunta - che potesse screditare il ballerino. Che, volente o nolente, sarebbe automaticamente etichettato come grasso, violento, drogato, bastardo. Poi la gente vedrà se crederci o meno, intanto qualcuno ci crederà.Ebbene, questo è uno dei nostri esempi: il successo non perdona.Chiaro esempio è Belen Rodriguez: cosa fece mai quella donna per essere odiata tanto? Amò, ed ama ancora. Fece il suo lavoro, di soubrette, cantante niente male, ballerina provetta. Disse la propria opinione. Eppure è odiata da più della metà della popolazione: perché è bella, perché è brava, perché ha successo. Perché ama ed è ricambiata, e tra un pò sarà anche madre. Perché vive. Primo: se ce l'ha fatta lei, perché noi non possiamo farcela? Secondo, per chi dicesse "ah, lei è Belen, lei è bella, lei è brava": non siamo forse bravi anche noi in qualcosa? Non siamo forse anche noi determinati a divenire qualcuno? Non siamo amati anche noi, non amiamo anche noi? Con noi intendo ovviamente le persone che non fanno (ancora) parte dello Star System. Ma allo stesso tempo: vedendo quanto è odiata lei, davvero vogliamo essere odiati anche noi? Davvero vogliamo vivere con i fotografi alle calcagna, i rotocalchi che parlano di noi, la vita privata tutto meno che privata?Detto ciò, vi starete dicendo: ma questa si contraddice! Prima sbraita che bisogna divenire qualcuno, poi che il successo
non perdona!

Ahimè, avete ragione! Il concetto è: dobbiamo divenire qualcuno, ma allo stesso tempo sappiamo già in partenza che saremo derisi, odiati, invidiati, sputtanati (per essere un pò volgari. Ma rende bene l'idea).Dunque che fare? I 24 bambini scelsero di essere dimenticati ma di vivere in tranquillità. Quel bambino scelse di vivere, perché la vita è una sola, e non va sprecata...In conclusione, il messaggio che vorrei che v'arrivasse è: rischiate, o verrete dimenticati. Non lasciate volar via i vostri sogni, o finiranno nel dimenticatoio. E' un consiglio, un'esortazione, non un obbligo, ma è il più veritiero che io vi possa fare, ve l'assicuro...Forse io non sono nessuno (ancora) per dire tutto ciò, ma almeno ve lo scrivo, e con queste mie parole tento di dimostrare che non voglio essere dimenticata un giorno: poiché sono certa che se non diverrò qualcuno mi sentirò come se avessi fallito, come non essere mai esistita. Poi pagherò tutte le conseguenze del caso. Ma almeno vivrò. Dio - ed i miei genitori - m'avranno fatto venire al mondo per qualche buon motivo, o no?La vostra predicatrice in erba, Ivy

P.S. Inutile dirvelo: scrivetemi le vostre opinioni, sono ben accette!