. . . All you life, you were only waiting for this moment to be Free . . . * Nulla enim culpa est in somnis.

domenica 30 marzo 2014

Sfida indiretta: sdolcinatezze

Buonasera cari lettori! Già cenato? Fame?
Rispondo alla sfida/richiesta di Anna... Sdolcinato, ed ispirato al film! Meglio non so se potrei fare... (Forse si, ma per ora accontentati darling)
Buona lettura!


Erano passati dieci mesi dalla maturità, sette dal primo giorno da universitarie, tutti piovosi o comunque nuvolosi.
Ma in quel giorno fortunato, il sole era tornato, dopo settimane di assenza. Anna se lo stava godendo, stesa su una panchina nel parco vicino alla sua vecchia scuola. Per terra, accanto a lei, l’amica Ilaria guardava Facebook e l’aggiornava sugli eventi della giornata.
“Hai sentito? Elena e Giovanni si sono lasciati!”
“Amen, non mi sembravano fatti l’uno per l’altra…”
“Dai, erano carini… E invece Leonardo s’è messo con quella della E!”
“Chi?”
“Chiara Nonmiricordocosa…”
“Ah, si, ho capito! Beh era ora, gli andava dietro dalla maturità.”
“In più hanno messo in riformatorio Matteo… Troppa roba girava attorno a lui, strano che lo abbiano preso così tardi.”
“Mi spiace per i suoi, sono brava gente, non se lo meritano.”
Un bimbo fece rotolare la palla verso di loro. Ilaria gliela rilanciò; il bimbo trillò un grazie, le diede un bacino e tornò dagli amichetti.
“Hai rimorchiato” commentò Anna.
“E non è nemmeno niente male… Io dico che alla sua età è molto più maturo dei nostri coetanei.”
Rimasero in silenzio.
“Illa…”
“Dimmi tesoro.”
“Ho conosciuto una persona.”
Ilaria si girò di scatto, col rischio di farla cadere. Alzò i Ray-Ban sulla testa e guardò l’amica con occhi strabuzzati.
“Com’è messo a muscoli?”
Anna le tirò un buffetto sul braccio. “È una cosa seria stupida!”
“Già seria? Allora mi dovevi dire ‘Mi sono messa a tua insaputa con uno’, non ‘Ho conosciuto una persona’!”
“Ma non ci sto assieme… Però siamo usciti.”
Lo sguardo di Ilaria s’addolcì. Si sedette sulla panchina, poggiando la testa di Anna sulle sue ginocchia, e le carezzò i capelli. “Racconta, baby.”
“È venuto due giorni fa al locale… Quello dove mi hanno assunta giovedì scorso come ballerina di coda.” Ilaria arricciò le labbra. Non approvava, ma non interruppe l’amica. “Era al bancone, e quando sono scesa m’ha offerto da bere. Io ho rifiutato, sai che non reggo bene l’alcol… Allora mi ha detto che mi avrebbe portata a cena fuori. Ho rifiutato anche quello, mi si era appena parato davanti! Non sapevo nemmeno il suo nome… Perciò ha ordinato una Cola per me, un bicchiere di vino per lui e ci siamo seduti su un divanetto. Mi ha detto di essere uno studente di Giurisprudenza, che si laureerà  tra un mese e che mi osserva da qualche sera, quando ho portato la torta durante l’addio al celibato di un suo amico. Io sono stata pressoché in silenzio per tutto il tempo, non sapevo cosa dire… E alla fine ho accettato una cena per il giorno dopo.”
Ilaria frenò la mano. “Mi stai dicendo che ci sei uscita assieme non una ma ben DUE volte senza dirmelo?”
Anna arrossì. “Pensavo che sarei riuscita a non pensarci, e che il giorno seguente avrei declinato l’invito senza cerimonie…” Stavolta fu Ilaria a dare un buffetto ad Anna. “…E invece ci pensai tutta la notte, e il giorno seguente, e sul palco rischiai una slogatura  mentre lo cercavo tra la folla. E quando scesi era lì, appoggiato al bancone, con in mano un bicchiere, e mi fissava… Non mi sono sentita mai tanto bella. È strano, è una bella sensazione!” Rise. “Sono andata a vestirmi, hai presente quel vestitino corallo, quello con la scollatura a cuore che abbiamo comprato assieme… Ecco ho messo quello, e un paio di sandali col tacco trasparenti, e mi ha portata al ristorante qui dietro, e abbiamo riso, quanto ho riso! E gli ho raccontato qualcosa di me, gli ho parlato anche di te sai? E mi ha fatto provare il suo piatto, una bistecca squisita, e ammetto di aver bevuto un bicchierino di vino, ma non tanto giuro, e poi…”
Ilaria attese. Anna si rabbuiò.
“Mi ha riaccompagnata a casa. Finito tutto. Illa, non mi aspettavo una proposta di matrimonio, ma almeno un bacio? Era chiedere  troppo?”
Ilaria sospirò. “An, tu gli hai detto di no la prima sera perché non vi conoscevate… Come puoi pretendere un bacio la seconda? Ci andrà coi piedi di piombo, vedrai.”
Anna si diede una botta in fronte. “Che stupida! Al solito, combino guai…”
Ilaria la fece alzare, poi s’alzò a sua volta. “Su stupidonzola, andiamo a prenderci un gelato! Oggi ti accompagno io al locale, così mi mostri l’uomo del mistero…”

Le luci si spensero, solo una luce calda proveniente dal palco illuminava la sala gremita di persone. Anna respirò a fondo, sentiva l’adrenalina entrare in circolo, percepiva la musica che le cresceva dentro, e tra poco sarebbe esplosa nell’aria. Ilaria era in prima fila, pronta a vedere se l’uomo misterioso si sarebbe presentato o meno, e questo la tranquillizzò. Quando la musica partì, sorrise.
La canzone ideale, perfetta per il luogo e il momento che stava vivendo.
Bound to you di Christina Aguilera scivolò via dall’impianto stereo come se fosse olio, e Anna l’avvolgeva a sé danzando, in perfetta – o quasi – sincronia con le sue colleghe. Volteggiavano in quello squarcio di buio, e vedendole sembrava che i loro cuori stessero per uscire dal petto e raggiungere la platea.
Ilaria si commosse, ma ovviamente non lo diede a vedere. Forse ho capito perché ha accettato questo lavoro, pensò, è perfetta.
La canzone cresceva e cresceva, e Anna, commossa come l’amica, si ritrovò a cantarla, tra una giravolta ed un salto.
Suddenly the moment’s here / I embrace my fears / All that I have been carrying all these years / Do I risk it all/ Come this far just to fall, fall / Oh, I can trust / And boy, I believe in us / I am terrified to love for the first time
*Improvvisamente il momento è qui / Raccolgo i miei timori / Tutto ciò che ho portato avanti in tutti questi anni / Posso rischiare tutto / Sono arrivata a questo punto solo per cadere, cadere / Oh, mi posso fidare / E ragazzo, io credo in noi / Sono terrorizzata dall’amare per la prima volta*
Ilaria s’accorse che un uomo alquanto simile alla descrizione di Anna s’era poggiato al bancone.
Complimenti a mamma… E brava la mia Annina, ha rimorchiato bene!, pensò.
Si avvicinò. “Mi scusi, lei è Davide?”
“Si?” rispose lui brusco. La guardò per un fugace momento, poi si rigirò verso il palco.
“Sono Ilaria, l’amica di Anna.”
“Ah, mi scusi, piacere.” Le strinse la mano. Presa salda, ottimo… Questo protegge alla grande! “Mi dica.”
“Ecco, si dia il caso che Anna m’abbia parlato di lei… Non ho la benché minima intenzione di dirle in che termini, ma le do due consigli. Primo, stia molto attento o se la vedrà con me… Un tacco 12 nell’occhio fa molto male.” Lui alzò un sopracciglio, ma non commentò. “Secondo… Non se la faccia scappare. È il meglio che le possa capitare.”
Davide sorrise. “Non lo dimenticherò. Piacere di averla conosciuta.”
“Il piacere non è tanto mio, quanto di quell’angelo che sta ballando sopra di noi. Me la saluti.”
Fatto ciò, andò a sedersi lontano dal palco e dal bancone, ma abbastanza vicina per osservare i due senza essere vista.
Anna nel frattempo era all’apice della sua performance, fece un ultimo, incredibile salto, dunque atterrò. Come il cigno morente, si raggomitolò sul palco. Attese qualche interminabile secondo, scandito dalle gocce di sudore che cadevano dalla sua fronte sul parquet corroso dal tempo, poi s’alzò. Uno scroscio di applausi si riversò su di lei, assieme a qualche rosa e ad un peluche a forma di panda per un’altra ballerina. Fece un inchinò e s’avviò verso il bancone. Lui era lì. Di Ilaria nemmeno l’ombra.
Le farfalle che, ormai era certa, alloggiavano abusivamente nel suo stomaco, iniziarono ad imitare la danza che aveva fatto lei poco prima. Scese le scalette con gambe tremanti, infine con un filo di voce disse solo: “Davide…”
Lui, senza tanti preamboli, con le lacrime agli occhi, la baciò.

Ilaria, dalla sua postazione, sorrise. Il suo lavoro era compiuto. Le scrisse un messaggio, certa che l’avrebbe letto molto tardi: Ti meriti un bel po’ di felicità baby, e lui mi sa che può dartela…
Poi se ne andò, lasciandoli a baciarsi nella penombra, stretti l’un l’altra come una cosa sola.


Spero vi sia piaciuto... Di certo mi metterei anche io a ballare per risultati simili!
Bacioni!
La vostra Ivy

P.S: ricordo che le due sfide - con parola o con immagine - delle quali il regolamento è sulla destra dello schermo sono ancora valide! Proponete!!!

martedì 25 marzo 2014

Deliri vari

Buongiorno cari lettori!
Come va? Io così così, dopo un'appassionante collaborazione con la scuola e col FAI - andate a vedere i siti dedicati al bimillenario della morte di Augusto, ovunque voi siate! - e il temuto ritorno della tendinite (o qualunque cosa sia che mi blocca la mano destra per il troppo utilizzo della suddetta - lo so, fa ridere... A me no) vi scrivo con due dita come i nonnetti alle prese col tablet per la prima volta.
E non ditemi che voi non ridete vedendo come s'approcciano alla tecnologia!
Piazzando un neonato davanti ad uno specchio si ottengono risultati meno esilaranti...
Ovviamente non lo dico con cattiveria, anzi. Darei oro per rivedere la mia nonnina diventare simile al maestro Yoda quando, vedendo un video sul PC in ospedale, si mise le cuffiette in orizzontale... Non so se rendo bene l'idea, anziché rivolgere le "astine" verso il basso le aveva messe verso l'alto... E vi giuro, ho provato a sistemarle! Ma mi rispose "Ehi, così non sento!", e rimettendole come prima rideva e parlava ad alta voce, non consapevole del fatto che noi non potessimo sentire i dialoghi. O forse del suo tono di voce.
Fatto sta che, a parte rare eccezioni, è davvero uno spasso vedere certe scene. Non so se v'è mai capitato - e non parlo solo di 'nonnetti' ora - di vedere qualche genio con in mano uno smartphone ma senza occhiali... Lo allontana facendo finta di nulla, strizza gli occhi come se ci fosse fumo attorno a lui, muove il collo avanti e indietro, simile ad un tacchino, e poi avvicina allo schermo l'indice. L'indice! Credo si capisca l'età del proprietario di uno smartphone da come lo impugna: se usa i pollici è relativamente giovane (e tendente a tunnel carpale in futuro), se usa l'indice maggico, ovvero quello della mano destra, tenendo il cellulare sul palmo della sinistra, relativamente vecchio, o almeno così è tecnologicamente parlando.
Dicevo, avvicina l'indice maggico, volutamente con due g per porre enfasi sul suo ruolo, e lo fa scorrere sul touchpad attento come se stesse infilando il filo nella cruna dell'ago. Si capisce la reazione dello schermo al tocco in base a quante rughe si formeranno tra le sopracciglia del suo proprietario: perché ci vuole concentrazione anche per leggere i risultati della domenica sportiva.
Come al solito ho divagato... sono logorroica. O meglio, vale per chi scrive troppo? Come si dirà? Lo cerco su Google e torno...

Ho trovato "grafomane". Wao, mi piace.
Vi esorto ufficialmente ad aver paura non solo a parlarmi, ma anche a scrivermi... OK no, continuate a commentare, non mi fa altro che piacere. Anche se ammetto che ho numerosi problemi con la posta ultimamente, quindi se rispondo in ritardo è per quello. E, sottinteso ma non sottinteso, invito chi non l'ha ancora fatto a farlo... Adoro sapere cosa ne pensate del mio mondo!

Rileggendo mi rendo conto che questo post è a metà tra una presa in giro e un commento sotto ad una fan fiction - detto fra noi, odio quei commenti. Non so perché, mi piace leggere cosa pensano i miei "colleghi" quando scrivono, ma trovo fuori luogo mettere le sensazioni dopo il testo. È uno stacco fastidioso... Piuttosto mettete una premessa, un altro capitolo, o finite tutta la parodia e poi commentatela.
Sono troppo polemica oggi?
Va bene, pubblico sta roba solo perché ci ho passato su del tempo, e odio sprecare il mio tempo. Se non v'interessa ciò che penso... Stavolta vi capisco.

Detto ciò - che equivale a nulla in effetti - vi lascio ad un racconto, sperando di non avervi già tediati abbastanza da farvene passare la voglia...
Ah, dimenticavo: purtroppo nel giorno stabilito internazionalmente ero impossibilitata a scrivere, perciò TANTI AUGURI PAPÀ DI TUTTO IL MONDO! (Al mio in particolare... Ti voglio bene papone, hai la figlia migliore del mondo! OK sto sclerando.) Tutti i giorni dovrebbero essere dedicati a voi...
Orsù iniziamo!

In una mattinata leggera, incorniciata da soffici nuvole troppo deboli per oscurare il sole, Federica stava correndo su e giù per il parco. Era la terza volta che percorreva quella strada, ma non aveva molte alternative: o quello, o l'asfalto.
Christina Aguilera le riversava nelle orecchie tutta la sua rabbia, così come lei la buttava sui ciottoli per terra, correndo sempre più decisa, il volume dell'iPod al massimo per non sentire i rantoli di fatica.
Il sudore già le bagnava la maglietta, ma non aveva la benché minima intenzione di fermarsi. Tuttavia, quando le occhiate di apprezzamento di un uomo seduto su una panchina lì vicino diventarono troppo audaci, decise di iniziare a cambiare strada.
Malgrado fosse solo marzo, i ciliegi erano già completamente in fiore. Petali candidi e rosati contrastavano sul suo capo col cielo azzurro e con le cime ancora innevate dei monti. Ai lati del vialetto spuntavano i primi timidi fiorellini blu e indaco sul prato poco curato; le collinette offrivano qua e là un po' di frescura. Era davvero una bella giornata... Solo all'esterno, sbuffò tra sé e sé. La musica cambiò: Mika, We are young. Perfetta per rallentare.
Camminò per un po', respirando regolarmente, sgranchendosi le braccia e saltellando per rilassare i muscoli. All'improvviso qualche goccia cadde dal cielo: "E per fortuna che 'il sole splenderà tutta la settimana'!", imprecò, ripensando alle parole del meteorologo correndo sotto la pioggia già fitta. S'infilò nel primo negozio che trovò.
Era fradicia dalla testa ai piedi, mutande comprese. Ma la sua preoccupazione era rivolta all'iPod, che non sembrava dare segni di vita. "Cavolo!" gridò.
"Vuole una mano signorina?" Una vecchina in calze a rete alzò gli occhi da un'iPad fucsia. Era letteralmente coricata sul bancone del bar.
"Avrebbe... Un asciugamano... Per favore?"
Lei mi squadrò. "In effetti è bagnata. No, ho solo carta da cucina... Tenga".
Tornò a masticare la sua chewing gum, i tacchi che risuonavano sul parquet. Che tipa.
Federica iniziò ad asciugarsi approssimativamente con la carta. La vecchia nel frattempo se la rideva sotto ai baffi, gli occhialetti sul naso che balzavano coi suoi singhiozzi.
Ringraziando il cielo finì subito di piovere. Federica borbottò un "Arrivederci" ed uscì, mentre un ragazzo - niente male, ma capitato nel momento sbagliato - entrava.
"Mi scusi..." la fermò.
"Che c'è!" Sbottò lei irritata. Il ragazzo si tinse di rosso.
"Ahem... Lei... Ha della carta che le esce dai pantaloni!"
Tremendamente imbarazzata, Federica la tolse e corse via. L'aveva detto che era una brutta giornata!

Scusate, oggi sembro drogata. Giuro che è tutto naturale.

Ciao Anna, so che stai leggendo, o almeno spero... Se commenti non mordo sai!
Alla prossima!
Ivy

domenica 16 marzo 2014

Le scarpe fluo

Buonasera siori e siore!
Spero abbiate voglia di ridere perché io ne avevo parecchia... e allora Divertiamoci!

Christianne stava navigando su Hoopps.it come tutte le sere. Cercava un paio di scarpe perfette per la serata del giorno seguente, un paio di scarpe che sarebbero rimaste nella storia. Dovevano rimanere: l'indomani ci sarebbe stata la premiazione per le scarpe dell'anno, ed era riuscita ad aggiudicarsi tre premi di seguito. Un altro e sarebbe rimasta nella storia.
Mangiucchiandosi le unghie abbassava il dito sul touchpad, distesa sulla pancia, i piedini curati che andavano a destra e a sinistra. Improvvisamente lanciò un urletto degno dell'arrivo del fattorino di Zalando.
- Che è successo? Christianne stai bene? - Adèle, la sua coinquilina, corse trafelata nella camera dell'amica.
- Adèle le ho trovate! Sono perfette! -
Ormai rassegnata alla natura particolarmente espansiva di Christianne, Adèle si sedette accanto a lei sul copriletto rosso fuoco. - Fammi vedere... -
- Dimmi, non sono un ammmore? - Pose parecchia enfasi sulle emme, per sottolinearne il livello amoroso.
- Mmm, beh, di certo non passeranno inosservate. -
Le scarpe in questione erano un paio di décolleté giallo fluo, brillanti anche al buio. La marca si vantava di dare in dotazione persino la scatolo Glow in the dark.
Anche il prezzo, incredibilmente alto, prometteva di essere visibile anche al buio.
- Christianne - le fece notare Adèle, - tu non hai tutti questi soldi! -
- Ho già scritto una mail alla Hoopps... Ho diritto ad un mutuo! -
Adèle scosse la testa, andandosene.

La mattina del giorno dopo qualcuno suonò alla porta.
- Vado io! - urlò Christianne. Dalla stanza adiacente nessuna risposta, dopo una notte passata a lavorare Adèle se la prendeva comoda.
Christianne si guardò allo specchio con un gemito. Stava schiacciandosi un po' di brufoli, e il cerchiello che le teneva indietro i capelli faceva perfettamente pendant con la maglietta sformata extralarge.
Troppo tardi per rimediare.
Aprì la porta con una faccia da funerale, che si tramutò in un sorriso sfavillante appena visto il visitatore inaspettato.
Il fattorino della Hoopps.it era l'ideale divinità greca di Christianne. Alto, bruno, occhi chiari, fisico scolpito, sorriso migliore di Channing Tatum - che considerava il non plus ultra. Si tolse rapidamente il cerchiello e si ravvivò la frangia.
- Salve! Sarà stanco, vuole un caffè? Entri pure! -
- Veramente, signorina... - lesse la targhetta sul campanello. - Hompton... -
- No, io sono Cullighan, Hompton è la mia coinquilina. -
- Mi scusi... -
- Nessun problema. -
- Dicevo, signorina Cullighan, che sfortunatamente ho molto lavoro da fare, e mi trovo costretto a declinare l'invito. Ora, se può fare una firma qui... -
Per la prima volta in vita sua, Christianne firmò col suo nome completo - due nomi e tre cognomi, senza staccare mai gli occhi dal giovane, ora visibilmente a disagio.
- Ecco a lei. Scusi, è fidanzato? -
Lui arrossì. - No... -
- Bene, mi darebbe il suo numero? - "Se ci fosse Adèle mi ucciderebbe", pensò.
- Ahem... È sulla... È sulla scatola... Sa, in caso la merce vada sostituita... -
- Bene, allora un giorno di questi la chiamo per un caffè! Buona serata! -
E gli chiuse la porta in faccia.

La sera, Christianne, intenta a spolverare di borotalco il tubino nero per entrarci, non era riuscita a dimenticare il bel fustacchione della Hoopps, tanto che mise troppa polvere bianca e dovette toglierla col cucchiaino.
Mise un cinturone giallo fluo attorno alla vita e grandi orecchini dello stesso colore, una fascia nera sui capelli e brillantini sulle ciglia. Mancavano solo le scarpe.
Che non ricordava dove fossero.
Imprecando, abbassò la serranda, attenta a non rompersi le unghie impeccabili. Spense la luce e si girò verso la montagna di roba sul pavimento della camera.
Adèle la raggiunse e accese la luce. - Che stai facendo? -
- Spegni! - ringhiò lei, inginocchiata sul pavimento, circondata da vestiti di ogni sorta e scatole simili. - Sto cercando le scarpe! -
Adèle alzò gli occhi al cielo. - Nemmeno quando è l'unica cosa illuminata nella stanza trovi ciò che cerchi! Genio, sono sulla sedia. -
Christianne si girò verso l'altra parte della stanza. - Ah, giusto. Grazie. -
S'alzò e prese la scatola tra le mani. Davanti a lei troneggiava il numero del ragazzo. - Sai che ti dico? Io lo chiamo. -

Gordon entrò nel locale sovraffollato senza sapere nemmeno perché fosse lì. La ragazza stramba di quella mattina l'aveva chiamato e lui era andato. Il perché rimaneva un mistero anche per lui.
O almeno tale rimase fino a che la ragazza stramba non comparve davanti ai suoi occhi sotto forma di cigno.
Le scarpe fluo la facevano risaltare su tutti, ma si sarebbe notata comunque.
- Ciao! Non mi sono nemmeno presentata, non ufficialmente almeno. Sono Christianne. -
- Gordon. - Si strinsero la mano. - Come mai qui? -
- Per la gara di "MisScarpa"... Sono campionessa in carica, e vorrei continuare a rimanere tale! -
- A proposito... Quelle scarpe, io... -
Proprio in quel momento l'altoparlante gracchiò. - Christianne salga sul palco! -
- Oh, devo andare! Torno subito, fammi l'in bocca al lupo! -
Gordon la trattenne per un braccio. - Aspetta, Christianne... Io... -
Lei s'alzò sulle punte e lo baciò. - Anche tu mi piaci tanto. -
E lo lasciò come un pesce rosso.

Christianne salì sul palco, convinta di avere la vittoria in tasca. Tutti avevano apprezzato le sue scarpe, e aveva anche ricevuto un bacio da quel gran pezzo di figo di George. O si chiamava Garth? Boh.
- Allora signori e signore, c'è stato un ex-aequo! -
Il mondo si fermò. Si congelò. Si sgretolò.
- Eh sì! Perché la nostra Chris quest'anno ha comprato, per sfiga o per caso, le stesse scarpe di un'altra ragazza! Un applauso per... -
Lì, dopo aver fulminato con lo sguardo il povero Gulliver, che si sbracciava per stile che aveva consegnato due paia di scarpe uguali quel mattino, Christianne svenne.

I due non si rividero mai più. Ma Christianne portò sempre un tirapugni nella borsetta, in caso l'avesse rivisto.

Povero Gordon! Commenti? Buonanotte!
Ivy :*

sabato 15 marzo 2014

Riflessioni sul mondo di una Ragazza

Si chiamava Kore.
Kore era una ragazzina taciturna, ma molto intelligente. Era figlia di una grecista sopra le righe, che durante una festa di battesimo aveva rimorchiato un poveraccio più giovane di lei. Una specie di Porosa e Penia. Sottinteso, Kore non sapeva nulla di chi quell'uomo fosse. E nemmeno la madre, o almeno così credeva.
Madre che mancava nettamente d'immaginazione, tanto da chiamarla "Ragazza". Nome tanto strampalato quanto difficile da far capire: quando dovette farsi l'abbonamento per l'autobus beccò una vecchia mezza sorda, che scrisse il suo nome in 30 varianti e le fece spendere il triplo.
Ovviamente la madre se la prese con lei.
Kore si riteneva la regina delle scuse. Non per uscire da scuola prima o mollare il ragazzo, no; scuse più serie. Scuse per vivere.
Innanzitutto il ragazzo non ce l'aveva mai avuto. Un po' perché snobbava la metà del genere maschile, un po' perché l'altra metà la snobbava. E anche quando ne aveva la possibilità, tirava fuori le sue care amiche scuse.
Scuse che usava anche per le feste, quando i cugini "No" e  "Non ho voglia" erano occupati o non bastavano.
E quando doveva fare qualcosa di importante, di grande: due minuti prima era al massimo dell'esaltazione, due minuti dopo puff, felicità svanita. Non sapeva nemmeno lei per quale motivo: cadeva in uno stato di depressione mista a sonno, una sorta di catalessi fulminante. Già s'immaginava la scena, si vedeva lì, vestita bene, sorridente, divertita, e al contempo sentiva le sue labbra - nella realtà mica tanto divertite - soffiar fuori un "no grazie" a metà tra il sommesso, l'annoiato e lo scocciato. E poi provava quella lieve pressione all'altezza del petto, quel vago rimpianto... Fino a che non spiaccicava sul suo volto un sorriso, e si piazzava in fronte il cartello "Va tutto bene, domani è un altro bellissimo giorno".
A volte sentiva persino una necessità intrinseca di essere al centro dell'attenzione. Voleva essere pregata. "Dai Kore, fai questo, fai quello, vieni con noi", non che nessuno non la pregasse, anzi. Ma non abbastanza. Non la pregavano; la invitavano ad eventi quasi per dovere, per circostanza. Come per dire "Non sei fondamentale, con te o senza di te si va comunque".  Riteneva che fosse un'orribile abitudine mondiale, quella del trovare sempre qualcosa o qualcuno in tua sostituzione. Usare le sue amate scuse in modo così futile. O forse accadeva solo a lei, ma per consolarsi s'illudeva fosse vizio comune e diffuso.
Un'altra cosa che odiava era quando smascheravano le sue intenzioni. Quando voleva farsi pregare e qualcuno le chiedeva "Ma ti vuoi far pregare?" È ovvio che è così cerebroleso! Ma tu non lo devi far notare!
Era convinta che il mondo si reggesse su cose non dette e cose da non dire. Una volta che tutte quelle cose verranno allo scoperto il mondo imploderà, pensava al parco, vedendo due amiche che litigavano su chi delle due fosse più bella. Era sottinteso che entrambe pensassero di essere le più belle, ma un rapporto di amicizia era basato per il 50% su verità e per il 50% su menzogne, malgrado molti moralisti tentassero di diffondere una teoria opposta. Ed era sottinteso che squilibrare l'amicizia con troppa sincerità avrebbe portato ad un crollo improvviso. Colpa della natura puramente ipocrita del mondo.
Nasciamo veri. Poi sta a noi decidere se morire bugiardi o uccisi dai bugiardi.
Le faceva ridere il fatto che persino la celebre Bocca della Verità, con un nome così altisonante, in origine non fosse altro che un tombino dell'antica Roma. Anche quella una menzogna.
Il caro vecchio Platone aveva ragione: la verità non si raggiunge mai. E anche Socrate (che guarda caso è scritto proprio dallo stesso Platone), quando diceva che la verità non può essere una sola: c'è la mia, c'è la tua, c'è la sua. Mischiate possiamo arrivare ad una verità a noi comune. Ma di certo non sarà condivisa da tutti. Insomma, la verità non esiste, punto.
Kore camminava per strada tentando di comprendere le persone. Era laureata in riconoscimento di sorrisi finti, dietro ai quali ci stavano stress, pene d'amore, bugie, sofferenze, incomprensioni. Se, come diceva Platone, "La filosofia è anche riconoscere che siamo feriti fin dalla nascita" (vedi l'ombelico), lei era una filosofa incompresa. Ironia della sorte, gli altri non lo erano. Alla fine lei riconosceva tutti, ma nessuno lei.
Al contrario della madre amava la moda. Le piaceva travestirsi, diventare un giorno una punk, un giorno una brava ragazza, un giorno una manager. I travestimenti, diceva a chi apprezzava il suo stile - ovvero il non avere stile -, aiutano l'anima. Una camicia fa cambiare l'umore più velocemente della sindrome premestruale. E aiutano a nascondersi, proprio come un sorriso. Ma quest'ultima affermazione la teneva per sé.
Amava imparare. Pensava che l'apprendi mento fosse fondamentale, ma fosse inutile far apprendere cose che non piacevano - o tentare di far piacere cose da apprendere. Ognuno ha un destino segnato, perché perdere tempo a tentare di deviarlo in tutti i modi?
E credeva che per rendere il destino migliore bisognava migliorare quello altrui. Occhio per occhio, dente per dente: prima o poi sarebbe (forse, si spera) toccato a lei.
Quindi sorrideva a tutti.  Soprattutto a chi aveva un sorriso finto incollato al posto della bocca, per veder emergere quello vero.
E faceva "Buone Azioni". Passava i compiti, aiutava, veniva incontro. Chissenefrega se poi nessuno l'aiutava, lei aveva la coscienza pulita.
Era altresì convinta di stare sprecando inutilmente il suo tempo. Che mentre stava ragionando avrebbe potuto fare qualcosa di produttivo. Che se avesse scritto tutte le sue riflessioni magari avrebbe guadagnato tanto denaro da poter vivere di rendita, invece di gettarle al vento come carta straccia.
E che Ligabue e Petrarca avevano scritto le sorti dell'essere umano medio concentrate in una frase. Il primo con "Il meglio deve ancora venire"; il secondo, quasi in antitesi, con "Et viaggio 'l meglio, et al peggior m'appiglio".

sabato 8 marzo 2014

Le feste "comandate": Viva le Donne!

Buon pomeriggio! Oggi il tema mi sembra d'obbligo...

Passeggiando per le vie della città, oggi non si possono non notare le tonnellate di mimose - puzzolenti, diciamocelo, bellissime ma puzzolenti - che hanno invaso la città.
Simbolo per alcuni di sensibilità, ovvero ricordare le donne uccise in quella fabbrica quel lontano 8 marzo, per altri di discriminazione tra uomo e donna.
Ma come possiamo non notare le differenze tra uomini e donne? Anni ed anni di civiltà umana si basa su questo!
E come possiamo definirla una "festa commerciale" - che orrore questa definizione, suona così falsa... Un po' come i discorsi su San Valentino.
È così terribile occupare una giornata, altrimenti monotona come tutte le altre, per valorizzare le donne, l'amore? O la mamma, il papà, i nonni... Diamine, allora anche la Giornata della Memoria è sbagliata, perché aumentano i "pellegrinaggi" ad Auschwitz, Bergen-Belsen, Mauthausen e tutti gli altri luoghi degli orrori!
Perché dovrebbe essere giusto ricordare solo gli eventi tristi? E poi, in fondo, anche la festa della donna si basa su uno sterminio. Le donne hanno forse meno valore dei perseguitati dai nazisti? Io non direi; anzi, tante perseguitate erano donne. Perché allora ricordarle tutte l'8 marzo è scorretto?
A questo punto ci sarà di certo lo scassa..  che dirà: "Allora perché si comprano le mimose?"
Ma è un simbolo, tesoro mio! È un gesto di affetto e rispetto, un simbolo di ricordo del tuo valore in quanto donna! Anzi, trovo scorretto che non ci sia la festa degli uomini... Magari le donne dovrebbero comprare dei boxer nuovi! (OK scusate, mi sono lasciata trasportare...)
Signori miei, adesso, a prescindere da quanto apprezziate questa ricorrenza... Non ditemi che quando vi fanno un regalo - un bel regalo, ovviamente - voi non siete inclini al sorriso ebete da oddio-è-stupendo-grazie! C'è così tanta gioia nel fare un regalo, e così tanta nel riceverlo!
Così anche per le mimose... O i cioccolatini a San Valentino, la cravatta il giorno del papà, il cuore di peluche il giorno della mamma, il grembiule nuovo il giorno della nonna.
Ogni ricorrenza ha un suo simbolo, che può essere commerciale o meno, ma indica una valorizzazione della persona festeggiata in quel giorno - che tristezza è un compleanno senza regali? Come spiegare ad un bambino che la torta è stata dimenticata dal pasticcere, e lo striscione 'AUGURI' in soffitta?
E a tutti coloro che invece dicono "Bisogna valorizzarli tutti i giorni, non una volta l'anno" rispondo: quante volte al giorno vi staccate dal vostro smartphone e date un bacio alla nonna, portandola a fare un giro? Quante volte uscite prima dall'ufficio e preparate un dolce per il/la vostro/a compagno/a? Quante volte portate un regalo alla vostra mamma o al vostro papà, perché vi hanno messo al mondo? E quante volte vi fermate durante la giornata, a riflettere sul loro valore, su come vivreste senza di loro, a come vi hanno insegnato a vivere, giorno dopo giorno?
La festa della donna è solo un promemoria. Ma un promemoria necessario.
Buona festa sorelle, divertitevi :*
Ivy

sabato 1 marzo 2014

Ciao Chiara, una di noi

Buonasera cari lettori,
è da un po' che non ci si sente, vero? Lo so, sono stata imperdonabile, un intero mese senza scrivere... Non dico il giorno del mio compleanno, ma almeno a San Valentino avrei potuto pubblicare qualcosa! Vi ringrazio comunque per tutto il sostegno che continuate a darmi.
Sebbene sia fragile come scusa, la scuola m'ha impegnata un sacco. Tuttavia, oggi voglio dedicare questo post di ritorno ad una ragazza speciale. Si chiama Chiara Da Rugna, ha 18 anni ed è solare, divertente, intelligente, sognatrice. O almeno, così ho sentito dire.
Una mattina come tante, lei s'è alzata come m'alzo io ogni mattina: s'è vestita, ha fatto colazione, ha preso la cartella ed è andata a scuola, nel suo Liceo, per fare il tema d'italiano. Lo stesso giorno, centinaia di migliaia di studenti ripetevano le sue azioni, pensando fosse solo un'altra giornata da schifo come le altre feriali.
Ma per Chiara non è stato così. 
Chiara s'è sentita male, come si sentono male tutti gli studenti prima o poi; un po' di nausea, qualche linea di febbre, un po' di stanchezza. Solo che i sintomi di Chiara non erano segno di un semplice virus stagionale.
Chiara è morta ieri notte, per colpa di una meningite fulminante.
La ragazza sorridente che sognava l'Università a Torino non c'è più.
Che dire... Fare una riflessione sulla caducità della vita serve a qualcosa? Non direi. Ma la si può ricordarem e ci si può interrogare. Perché, sebbene oggi nel mio Liceo abbiamo fatto un minuto di silenzio in suo onore, un minuto non basta a ricordare 18 anni di vita.
Non la conoscevo, lo ammetto, e a malapena conosco alcuni suoi amici. E mi stupisco di come io possa soffrire la sua perdita senza sapere nemmeno chi lei fosse.
Per tentare di capire, mi sono immedesimata nelle persone che la circondavano. 
Nei suoi amici e compagni di scuola.
Nei suoi professori.
Nei suoi parenti.
Nei suoi genitori.
Quando ero con la mia mamma sull'autobus, sentivamo le ragazzine ridere, parlare di cazzate, senza pensieri se non le vacanze di quattro giorni che sarebbero iniziate l'indomani. Cosa avrebbero detto se avessero detto loro che non ci sarebbe stato domani? E lei, in veste di madre, cosa avrebbe fatto se sua figlia fosse morta senza che lei potesse accorgersene né far nulla? Con che occhi avrebbe visto quelle ragazze spensierate?
Non lo so. Nessuno lo sa, senza averlo provato. E ovviamente auguro a tutti quanti di non scoprirlo mai.
Inoltre, aprendo Facebook, ho trovato le dediche delle persone che le volevano bene. Perché, si chiedevano tutti. Perché?
E io? Nei panni di Chiara, cosa avrei pensato un minuto prima di morire?
Chiara, se da lassù potrai leggere il mio post, cos'hai pensato?
A quanto è stata breve la tua vita? O a quanto hai vissuto?
A ciò che avresti voluto fare, o a tutto ciò che hai fatto?
Ai momenti tristi, gioiosi, pazzi, riflessivi? Ai sentimenti che hai provato? A quelli che avresti voluto provare?
Al matrimonio, ai figli, ai viaggi, alla libertà, ad una casa tutta tua, alle rughe, ai nipotini sulle ginocchia il sabato a pranzo? O a quando hai imparato a scrivere, al tuo tatuaggio, al mare, al teatro, all'arte?
Sei mai stata fidanzata? Hai fatto un viaggio all'estero? Cosa volevi fare, dopo Lettere Moderne?
Fate anche voi un minuto di silenzio per lei, ve ne prego, e domattina in chiesa fate una preghiera ricordandola. Grazie Chiara, per essere stata ciò che sei. Nelle nostre menti, nei nostri cuori, dentro ad ogni studente e studentessa.
Ivy