. . . All you life, you were only waiting for this moment to be Free . . . * Nulla enim culpa est in somnis.

lunedì 29 settembre 2014

Mi scappa un'idea: il Valore delle cose

Cari i miei signori, buonasssera!

Come va? Spero stiate bene. Mi piace immaginarvi mentre leggete la posta, sul divano con lo smartphone in mano e gli occhiali sul naso, e ops!, compare la mail di Blogger che v'annuncia che la vostra CARISSIMA Ivy ha scritto un'altra cazz... OH, niente parolacce, stupidata delle sue.
Allora la guardate direttamente da lì, oppure - opzione per i più affezionati - entrate sul blog, per donare la vostra visualizzazione alla GIUSTISSIMA CAUSA che porto avanti: il mio egoistico diletto nel vedere che il mio blog vi piace.
Almeno, spero sia così. Se così non fosse, fareste parte della categoria di lettori che non solo legge l'aggiornamento direttamente dalla mail, ma una volta letto dice "bom, ottimo" e chiude la suddetta senza pensare che alla sottoscritta - un po' cretina forse - un commentino farebbe piacere. Anche per insultarmi, sarebbe qualcosa di diverso, una critica costruttiva (o un modo per iniziare una bella rissa online... Scherzi a parte. Vi verrei a cercare fino a casa.)
Coooooomunque. Torniamo alle cose (poco) serie. Anzi, iniziamo con esse, visto che in 30 righe ancora non mi sono degnata di iniziare codesto cavolo di post.
Tutto... (tutto che?, direte voi. Siete peggio dei lettori di Pinocchio. Pazienza, su!)
Tutto ebbe inizio una soleggiata mattinata di settembre. Tre amiche pazientavano che il professore la finisse di blaterare roba contorta e le lasciasse uscire, verso quel cielo limpido che fissavano languidamente da... Circa 44 minuti (aveva fatto un minuto di ritardo).
Scrivendo chine come monaci amanuensi gli ultimi 5 minuti di pseudo-lezione, nei quali aveva deciso che era troppo divertente torturare gli studenti per rinunciarvicisi anche quel giorno, finalmente le loro mani gettarono le penne come si può gettare la spugna, non appena captarono il dolce e soave suono del campanello di fine dì.
Zaini in spalla (due, perché la terza si ostinava ad usare borse extralarge), le tre moschettiere partivano alla volta del fast food più vicino; nel quale, una volta sedute ed una volta ordinato il loro lauto pasto (sgomitando ed imprecando contro la nonnetta tedesca che viene in Italia senza sapere un fico della lingua italiana e che blocca la fila perché non si sa esprimere), iniziarono a parlare di problemi di cuore e varie ed eventuali.
Finito lo pseudo-cibo - davvero doveva importar loro cosa avevano mangiato? Era buono, punto - si accomodarono su una panchina, e discorrevano di giovanil argomenti, lasciandosi nel frattempo bagnare dal sole (cit. Noemi©). Dopodiché baci, baci, bus e casuccia bella.
Cosa avete capito di tutto ciò? NULLA. Ivy non è impazzita, state tranquilli (cioé, potremmo parlarne, ma in questo post ho post-o troppe parentesi, basta così). (Notate il gioco di parole post/posto! Io lo trovo geniale).
Detto ciò, dicevo, posso giungere alla seconda parte di questo pseudo-testo (la parola del giorno è PSEUDO! Applauso *clap clap clap*). Giunte a casa le tre avevano prontamente aperto Whatsapp, non sia mai che si perdano quanti pezzi di pasta stava mangiando l'amica in quel frangente. Ritornando sullo splendido pomeriggio di cazzegg... Di nullafacenza, affermavano che "è stato bello", "da rifare" e, cosa che fece scattare il DINNNG tipo orribile notifica dell'Iphone nella testa di colei che sta scrivendo adesso (aka Ivy aka Io), "non da fare tutti i giorni, sennò poi diventa un'abitudine, mentre le cose belle devono essere gustate e desiderate".
Ed ecco il punto! Lo so, l'ho presa larga, ma dovevate cogliere gli step, dovevate avere la pelle d'oca.
Il valore delle cose.
Stavate aspettando questo momento da quando avete letto il titolo del post, eh? Sempre che l'abbiate letto. A me per dire piace inoltrarmi nella giungla delle parole, e poi vedere in che territorio sono. (Leggo di getto - non leggo il titolo).
Il Valore delle cose. Lo metto maiuscolo cavoli, perché oggi mi sento ribelle, e se i filosofi possono mettere Bene, Virtù, Acqua, Fuoco, Arché o chessoio maiuscole, io posso sottolineare il valore della parola Valore con una super V (ma che non sta per vendetta).
Si beh, mi stavo lavando i capelli e, con la testa sotto l'acqua, non avevo modo di bloccare il flusso di pensieri che scorreva assieme all'H2O nella e sulla mia capoccia dura. E ho avuto la rivelazione: cosa scrivere sull'argomento Valore delle cose! Perciò ho finito in fretta e furia e ho scritto all'amica della citazione (come potete vedere dalla STUPENDA immagine/screen): MI SCAPPA UN'IDEA! E dovevo bloccarla, metterla su carta, o meglio online.
Only miss the sun when it starts to snow/ Only know your love when you let her go cantava Passenger. Si capisce il Valore delle cose solo quando si perdono, o comunque si stanno per perdere. O quando non sono scontate, vengono dal cuore, o da una sorpresa, che sia del destino o del superenalotto.
Un abbraccio della mamma mentre stai studiando.
Il papà che ripara i tuoi danni con l'Attack.
Il fratellino che entra in camera tua con la musica tamarra apppallla, ma che almeno t'ha pensato per ballare assieme.
Lo sconosciuto che ti sorride per strada quando hai fatto una gaffe, o l'autista dell'autobus che vedendoti arrivare correndo t'aspetta per qualche secondo, per poi esclamare "Respira!".
L'amica che ti scrive il buongiorno e la buonanotte, che s'interessa a ciò che fai, che anche se hai mangiato pasta al pomodoro - niente di più banale alla fin fine - scrive "Buona!" e mette un cuore rosso.
Piccole cose da condividere col mondo, per renderlo migliore e rallegrare la giornata a qualcuno.
E a me è venuto spontaneo condividere questo pensiero, che fa molto da Facebook in realtà, con voi, che ormai siete un po' miei amici. E questo non è da Facebook.
Per concludere quest'accozzaglia di pensieri senza senso ma con un file rouge che li collega, vorrei salutare le due moschettiere (Sarah e Anna) che m'hanno ispirato il modo per non aprire subito il quaderno di filosofia. CIAO!
[Prof, spero che le capiti di leggere questo post e che abbia pietà di me. Sono troppo filosofa per studiare filosofia: la filosofia si pratica, non si legge.]

Buoanotte, bacioni!
La vostra Ivy, un po' fusa forse ma sempre #strong

sabato 27 settembre 2014

It's time

Buon pomeriggio miei cari lettori!
Ho visto uno stupendo 9470 sul contatore delle visualizzazioni: graziegraziegrazie, 9470 volte grazie!
Detto ciò, oggi davanti ad Orazio non ho potuto astenermi dall'immaginare di finire tutto ciò...
E beh, temo che l'anno prossimo m'iscriverò al Centro di Igiene Mentale.
Have a good reading!

La musica le rimbombava nel petto, facendo a gara col cuore. Gocce di sudore scorrevano fino alla scollatura, distogliendo per una frazione di secondo l'attenzione dal sorriso luminoso che irradiava gioia nel mondo.
Sciolse i capelli e tolse il maglione, rimanendo in canotta. I muscoli definiti scattarono, ritmarono il pavimento con affondi e balzi, agitavano le braccia come fronde degli alberi col vento, degno rappresentante delle note nelle sue orecchie. Piroettava sul piede maciullato, alternando il classico ed il moderno, prendendo da entrambi il meglio. Simile ai fotogrammi nella tv, scattava da un'espressione all'altra, senza però uscire dall'armonia che l'avvolgeva.
Salì sul banco di fronte a lei, calpestò scritte sbiadite, problemi forse ormai risolti, forse ancora persistenti. Scalciò un quattro, lanciò in aria un nove, baciò un dieci cullandolo tra le sue braccia.
Uscì da quell'aula che ormai era più una casa. Rubò una scopa al bidello che le fece perdere tanto tempo con avvisi inesistenti, la capovolse e scrisse frasi incomprensibili sul marmo consunto dal tempo. Poggiò il fedele compagno di danze al muro e scivolò fino alla fine del corridoio, e giù per il corrimano, atterrando tra una scala e l'altra e scendendo la rampa ancheggiando a ritmo.
Si tolse dal reggiseno il bigliettino di matematica e lo stracciò; i pezzettini atterrarono lievi sugli scalini lucidati da anni di Converse nuove di paghetta.
Alla fine trovò loro. La sua stupenda classe, che di classe non aveva proprio nulla, se non l'arte di decorare in modo kitsch un ambiente tanto austero e l'abilità di passare lo stesso compito a venti persone senza farsi beccare.
Con alcuni aveva fatto a botte, con altri aveva parlato solo di scuola; c'erano le migliori amiche, l'ex, quella stronza coi suoi stessi sogni, quella ragazzetta timida col carattere represso dal rigore dei genitori. Erano partiti da bambini, convinti che il liceo fosse più uno status symbol che una scuola, pensando che bastava studiare quanto alle medie e che la buona volontà sia la risposta a tutto.
Ora gli sguardi persi erano diventati stanchi, con in sottofondo la determinazione dovuta al riprendersi il futuro, pronti a sbattersi sui libri altri cinque anni, puntando al Giardino dell'Eden, ad essere i primi. Avevano collezionato lacrime e respirato tante di quelle difficoltà da riscrivere la Divina Commedia, ma se qualcuno avesse nominato loro Dante in quel frangente sarebbe finita male. 
S'erano fatti forza l'un l'altro quando mancavano cinque minuti al suono della campanella e l'omino alla cattedra iniziava un nuovo capitolo, si erano insultati quando la timida studiosa aveva ricordato quel compito lungo come la via Appia, che per il medesimo motivo avevano cancellato dal diario senza nemmeno aprir libro. Lo stesso diario custode di segreti invisibili, dediche immutate nel tempo, lacrime e sorrisi, quel giorno nel quale ci fu quell'incontro meraviglioso e quello nel quale quello si prese un voto più alto di quanto avesse meritato, accanto alla caricatura del preside.

Era il momento di dividere le proprie vie. 
In che modo?, era la domanda muta tatuata sulle mani strette a formare una catena umana.
Con quest'animo s'apprestarono ad uscire, per l'ultima volta assieme, da quell'edificio, con alle orecchie It's Time degli Imagine Dragons: così diversa dalla What Time Is It? che sancì la fine delle medie, quando s'imitava il ciuffo di Zac Efron per essere fighi.
Niente più mimesis da quel momento in poi: ognuno col suo stile, ognuno con la sua mente. Era forse questo il grande come?
O era forse scritto nei loro cuori, dove avevano riposto il dolore della separazione, accanto alla gioia del loro legame?
Dovevano cercarlo sul fondo delle bottiglie di birra che avrebbero usato per festeggiare? O su quello del caffè che avrebbero preso la prima ora all'Università?
La lotta con la vita era all'inizio del terzo round, il pubblico si stava definendo, ognuno aveva scelto le proprie armi e pulito il proprio ring. Era ora di mettere k.o. gli ostacoli, lasciando le lacrime a far colare il trucco, brillando sopra i sorrisi a fatica conquistati.

Fuori dal liceo non c'era alcun pubblico ad acclamarli, né medaglie da appendere al collo.
Non c'era il diploma già stampato, né un falò di libri sui quali s'erano uccisi per cinque eterni anni.
Non c'erano fantasmi di persone che se n'erano andate, né ologrammi di chi li avrebbe attesi.
Sapevano solo una cosa: che quella loro compagna, che con coraggio aveva organizzato quell'harlem shake da mettere su Youtube per pubblicizzare la loro tanto amata, odiatissima scuola, radunando un'ultima volta quei ragazzi già proiettati verso il domani, aveva colto l'essenza della loro età: volate via, affrontate tutto cantando e gioendo, carpe diem.

Buona serata a tutti! 
Ivy :* 

Ps: mi sono accorta che questo è il 100° articolo ** Have fun!

martedì 23 settembre 2014

Buio

Silenzio assordante.
Non si vede nulla.
Avanza, un passo, poi un altro. Apre gli occhi, li chiude.
Stessa cosa.
Ignoto e mistero s'intrecciano mentre continua ad avanzare. Il timore dell'oblio racchiuso nel suo petto che s'alza e scende, come se avesse finito di correre da poco. Invece cammina, non fa altro da... Quanto? Non saprebbe dirlo con esattezza. Da un po' suppone.
Si limita a camminare, a lottare contro il freddo che le ha rubato le mani e contro il caldo che s'è impossessato della sua gote, contro quel corpo che non è più suo.
Ma la mente? Dov'è finita? Sono metri che non la sente. O ha percorso solo qualche centimetro?
Non lo sa, non lo sa, non sa più nemmeno chi è. Si aggira fendendo l'aria, sempre che sulla Terra si trovi, non sente più i suoi pensieri, odori, sapori, non sente nulla.
Ed è peggio del sentire urla di dolore, peggio della carne che si lacera.
Si ferma. Crede di sentire il respiro che si condensa in nuvolette, difficile dirlo senza poter vedere nulla. 
Si trova all'aperto? In una stanza?
Ricorda molto la selva oscura dantesca. Lo struggimento che prova è il medesimo. La paura cieca, e non solo in modo figurato. Virgilio? Beatrice? Una guida?

Facendosi coraggio ripete i versi: Ed una lupa, che di tutte brame / sembiava carca ne la sua magrezza, /e molte genti fé già viver grame, 
questa mi porse tanto di gravezza / con la paura ch’uscia di sua vista, / ch’io perdei la speranza de l’altezza. (Inf. I, 49-54) Forse si stava avviando verso il monte della salvezza - salvezza da cosa? Dalla sua vita, dai fallimenti, dalla felicità terrena? Stava andando a cercare una vita migliore, o stava per percorrere la via della perdizione, destino di infelicità eterna?
Il cuore, sente il cuore battere, le batte nelle orecchie, nel collo, il battito si propaga dentro il suo corpo, o forse esce fuori non lo sa, non sa.
Una luce! Vede una luce, corre verso essa. Però è così piccola, e si allontana sempre di più... 
Un'allucinazione?
Si ferma, basta. 
Flette le ginocchia, si getta a terra. Solo ora prova a respirare, a togliere la morsa che stringe le sue membra tirate allo spasmo; affonda le dita nel terreno. Sembra umido, simile a terriccio... S'insinua sotto le unghie come fanghiglia, sostituendo la paura, lasciando posto a... Rassegnazione? Sì, crede sia quella.
Si lascia cascare mollemente. E se fosse un bosco? No, non ha incontrato alberi, e non c'è odore di natura, no, è tutto così asettico... Fa freddo, caldo? C'è un'uscita? Perché? Cos'ha fatto di male?
Questa è la fine?

Apre gli occhi. È nello stesso posto, solo che stavolta la luce c'è davvero, o almeno così crede. 
Si alza, prima con fatica, poi quasi inciampando sulle sue stesse gambe, corre verso quel punto bianco che diventa sempre più grande, si espande, non vede nulla, accecante salvezza...

- Francesco, scegli la tua via. O Laura, o Dio. -



Buonasera miei cari lettori.
Vedendo le meravigliose +9000 visualizzazioni, non posso che ringraziarvi di cuore e regalarvi un testo!
Sinceramente mi sono imposta uno stop obbligatorio fino a quando non avessi finito un testo... Che alla fine ho mollato!
In questi due mesi comunque ho lavorato presso lo stupendo Centro Servizi Culturali Santa Chiara, e successivamente è iniziata la scuola e... un compito tira l'altro! Quindi non sono stata proprio tutto il tempo sul divano ;)

Perciò ribadisco le parole auree: SCUSATE e GRAZIE. Di cuore!

Bacioni,
La vostra Ivy

PS: avete indovinato chi è il soggetto?