. . . All you life, you were only waiting for this moment to be Free . . . * Nulla enim culpa est in somnis.

lunedì 23 febbraio 2015

Maggiore età

Cari lettori, care lettrici,
oggi per voi è stata - spero - una giornata come tutte le altre. Avete fatto la spesa, vi siete svegliati imprecando per il ritardo, avete visto un film, avete lavorato, vi siete stravaccati sul divano. 
Per me, oggi, è stata una giornata un po'... Particolare.
Non perché io non abbia fatto la spesa, non abbia fatto il mio dovere a scuola, non sia ora stravaccata sul divano mentre vi scrivo. 
E nemmeno perché non dormo seriamente da circa 48 h, avendo voluto fare la geniale e dunque avendo guardato tutta - o quasi - la Notte Degli Oscar. Oh, no.
La verità è che domani, 24 febbraio, una parte di me si spegnerà (metaforicamente).
Dopo 17 anni da bambina, dovrò render conto al mondo della mia esistenza. In poche parole, la sottoscritta diventerà maggiorenne.
Manca solo un'oretta, eppure, come nel sonetto di Ciro di Pers Orologio Da Rote, mi par che ogni rintocco dell'orologio sia un battito sulla tomba...
Okei. La sto facendo moolto tragica.
Il fatto è che proprio non mi va. 
Non mi va di perdere ore preziose per andare a votare persone che comunque non vinceranno, ed anche se vincessero non sarebbero come vorrei io.
Non mi va di mettermi al volante di una vettura, che di certo righerò. Non mi va di dover scendere dalle mie amate nuvole per non mettere sotto un innocente passante, o peggio, essere sbalzata via da un ubriaco di passaggio su una minicar. [Ringrazio la Fondazione Ania per fare delle pubblicità così realistiche da farmi venire il terrore di salire su un veicolo ad ogni ora della notte e del dì].
Non mi va di essere responsabile di ogni singolo segno che rechi il mio nome, quando prima lo scrivevo ovunque solo per divertimento. Ed inoltre, non mi va di ricordarmi come l'ho scritto la volta precedente: scommetto che cambierò almeno 5 volte la firma.
Non mi va di essere legittimata a comprare alcolici e sigarette; e non mi va di vedere occhi strabuzzati quando dico che sono astemia.
Sinceramente non mi va nemmeno di fermarmi a parlare coi tizi dell'UNICEF, del WWF, dell'antidroga e chi più ne ha più ne metta...
Diciamocelo. Ragazzi miei, essere minorenni è più che comodo. Mamma e papà danno sicurezza, e appena sentono la parola "minorenne" gli adulti ti lasciano in santa pace.
Ma come tutte le belle cose, prima o poi finisce anche l'infanzia. E se c'è bisogno di prendere le proprie responsabilità, così sia. 
Alla fin fine, maggiorenne o meno, mi basta abbracciare la mia mamma, il mio papà, il mio fratellino, o anche solo il mio pupazzo, chiudere gli occhi, e ricordarmi che per loro sarò sempre una bimba.
E queste che vi racconto sempre favole, per fare in modo che nessuno di noi cresca tanto da sopprimere la parte fanciullesca che è in noi.

Il bambino che non gioca non è un bambino, ma l'adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che ha dentro di sé. Pablo Neruda

Che dire... In bocca al lupo a me. E giocate finché potete, anche se siete fuori "limite massimo"!
Ivy, ormai rinsecchita come una prugna

PS: il primo che mi consiglia un Sexy Shop può benissimo tornare a giocare con le Barbie e le Hot Wheels.

martedì 10 febbraio 2015

Lo pseudolatitante al casinò

Buongiorno cari lettori! È giunto febbraio, e sta scadendo il conto alla rovescia per la mia funesta ora... quando non potrò più fare concorsi per minorenni!
Intanto, buona giornata con questo racconto comicamente poliziesco :*

Il commissario Doriani era chino sulla sua scrivania.
Leggeva con l'aiuto di una lente d'ingrandimento ciò che aveva scritto il suo nipotastro, Francesco Gregoretti, all'ultimo anno di criminologia. L'età avanzata non gli permetteva più la libertà di lettura, così la lampada da interrogatorio tramutava il foglio da bianco sporco a bianco fosforescente.
Francesco attendeva con ansia che Doriani finisse di leggere la sua tesi di laurea: da quella sarebbe dipeso il suo futuro, e sperava vivamente che tutto fosse corretto ed all'altezza della situazione.
Ma il commissario da ormai una settimana leggeva una parola al minuto, colmando d'ansia il cuore del povero Francesco.
In quell'aria colma di tensione bussarono alla porta: l'allievo represse uno sbuffo.
Con lentezza snervante, Doriani si tolse gli occhiali. - Avaaanti! - belò.
Un giovane con Ray-Ban sul naso (malgrado fossero all'interno del commissariato) e giubbotto di pelle (malgrado fosse un maggio piuttosto afoso) entrò masticando la chewing-gum vistosamente, al limite dell'educazione.
Era Diogene Gengetti, detto DiGei dagli amici, figlio del procuratore nonché scemo cronico.
- Commissà - biascicò - m'hanno detto che mi aveva chiamato. -
Sempre con estrema lentezza, Doriani s'appoggiò allo schienale della poltrona di pelle. - Non... Ricordo. Aaaaah, si, già già giusto, volevo sapere se avete scoperto chi era al vertice dello spaccio di droga nel quartiere dietro alla chiesa di San Pietro. Dimmi, si sa? -
DiGei sbadigliò visibilmente. - Seeee, dovrebbe essere un latitante... Corradelli. -
Doriani balzò in piedi, ripetendo il nome ad alta voce.
Quando si tratta di latitanti è un razzo. Ma per il mio futuro...
- Gengetti! E quando volevate avvertirmi? -
- Ahemmm... Ora? -
- E dove si troverebbe? Avete scoperto anche questo? -
- Naaah. Cioé, dovrebbe essere al casinò, però nessuno ci vuole andare, ed io sono stato esiliato a vita... avevo truccato la roulette! - ridacchiò.
- Ci serve un infiltrato... TU! - esclamò Doriani indicando Francesco.
- I-io? - balbettò questo. Non solo non mi corregge la tesi, ma vuole pure mandarmi in un covo malavitoso! - Ma non so nulla del caso, non conosco Corradelli, non sono della squadra... -
- Oh, sciocchezze! Proprio perché non sei della squadra sei perfetto! Così nel frattempo... AH, la schiena! - Doriani si piegò al'indietro: nell'impeto qualcosa aveva ceduto. - Dicevo, nel frattempo leggerò la tua tesi, così farai questa maledetta laurea e sarai in squadra! Ci stai? -
Con gli occhi a cuoricino, Francesco accettò entusiasta. Cosa poteva andare storto?

Uscendo dall'ufficio, dopo aver rimesso seduto il commissario, Diogene e Francesco s'avviarono verso la sala dove quest'ultimo avrebbe imparato le nozioni base sull'operazione.
Nel frattempo, Francesco provò a biascicare due parole.
- Roulette, eh? Almeno hai vinto? -
DiGei rise sguaiatamente. - Machettepare? Fratello, io non so fare nemmeno uno più uno! -
Francesco era confuso. - Ma allora... Perché non vai tu sotto copertura? -
Diogene si tolse gli occhiali. Sotto l'occhio destro aveva tre piccole stelle tatuate, che risaltavano gli occhi verde cupo. - Dì, ragazzino, hai idea di che giorno è oggi? -
- Ahemmm... Sabato? -
- Oggi apre il CocktaiLounge, fratello! Si fa serata! - e rimettendosi gli occhiali simulò un balletto tamarro in mezzo al commissariato.
Francesco stava per ribattere, quando una brunetta bassa e magra gli si affiancò. - Tu devi essere Francesco, lo studente sotto copertura! Io sono Ginevra, verrò con te nell'operazione "Cervelli sniffati". - Abbassò il tono. - Detto fra noi, il nome l'ha deciso Diogene. Comunque, - riprese il tono normale, - malgrado la disgustosa dicitura l'operazione è serissima. Vieni! -
Lasciarono DiGei a ballare su note invisibili ed entrarono nella stanzetta angusta. Vi padroneggiava un proiettore di fronte ad una fila di sedie divise in due colonne.
Si sedettero in prima fila e Ginevra azionò il proiettore.
Comparve un uomo magrissimo, dalla pelle diafana e uno sguardo che probabilmente sarebbe dovuto essere arcigno.
Francesco scoppiò a ridere.
- Scusami Ginevra, però in anni di studi non ho mai visto questo essere! -
- Perché è un latitante... "locale", ecco. E'... il fratellastro del commissario. -
- STAI SCHERZANDO? Zio Nino? - impallidì Francesco. - Ma il cognome diverso... Sono diversi! -
- Eppure te l'assicuro. La latitanza si limita all'essere sfuggito dalle mani del fratello: ufficialmente è un uomo libero. Che spaccia droga, ma libero. Il nostro compito è riportarlo da Doriani... E arrestare gli altri. -
- Per quale motivo non dovremmo arrestare anche lui? Solo perché è imparentato col commissario? Scusami, non è corretto. -
- No... Ma lui è solo una maschera sfruttata dai veri spacciatori. Usano a loro favore l'Alzheimer che affligge il povero Nino per manovrarlo come marionetta nel mondo della criminalità. -
- Capisco. E come ci infiltreremo? -
- Innanzitutto tu ti vestirai da perfetto boss italoamericano: camicia, cravatta, cappello. Sono rimasti indietro anche con la moda... - Ginevra alzò gli occhi al cielo. - Ti intrufolerai nella sala, e giocherai come se nulla fosse. Avrai una microcamera addosso. Appena dicono qualcosa sulla droga, interveniamo. -
- Ed io? -
- E tu avrai una pistola, e se necessario (solo se necessario) interverrai. -
- E se mi scoprono? -
- Ci sono io. E la squadra fuori. -
- Ma tu cosa farai? -
Ginevra divenne bordeaux, poi balbettò: - Io... Io sarò... Sul palco. -
Francesco sorrise: - Non serve che ti agiti. Penso che tu sappia cantare benissimo, o non ti farebbero salire! -
- No... - mormorò lei - Non... canto. Io... ecco... farò... -
- Cosa? Danza? Recitazione? Hula hop? -
- ...Pole Dance. -

Francesco non riusciva a concentrarsi sul gioco. Aveva già perso 500 euro, e ora ne stava perdendo altri 500. Ma come poteva concentrarsi, con Ginevra che ondeggiava davanti a lui?
Grazie al cielo non era l'unico.
- Minchia Peppe, hai visto che culo? -
- Io guaddo più in alto Tonino! -
- Moviti, moviti... - Qualcuno improvvisò un battito di mani a ritmo.
Francesco, ormai al limite della sopportazione, stava per ribattere, quando entrò nella sala Corradelli.
Ora devo guadagnarmi la tesi.
Lo pseudolatitante si sedette giusto di fronte a lui.
- Peppe! Non sai gggiocare, vergogna! E io dovrei affidarti la robbba? Tu me la perdi, sicuro! -
Il Peppe in questione gli tirò un calcio sotto al tavolo.
- Ahia! - urlò Corradelli - mica dico dov'è! -
- Nino taci o ti tagghio la lingua! Capisti? -
Francesco, diviso tra Ginevra e Corradelli, nemmeno si accorse di aver vinto una mano.
Almeno ho recuperato 1000 euro, pensò.
- Comunque - riprese il latitante appena spiumato, - Rossella, la fornaia, quella bella, ha detto che se vogliamo far circolare lì la robba la... spaccia per farina! T'è piaciuto il gioco di parole Tonino? -
In quell'istante la porta s'aprì di scatto e Doriani, in forma come non mai, irruppe con la squadra. - A me si, Ninuccio! Mani in alto! -
Ginevra era scesa dal palco e aveva inforcato l'arma come i compagni. Istintivamente, anche Francesco la seguì.
Corradelli rimase a bocca aperta, facendo cadere le carte - pure truccate... Non sapeva vincere nemmeno con quelle.
- Dodò! Dove sei finito tutto questo tempo? -
- Alla narcos, idiota! E ti faccio sapere che hai davanti tuo nipote, mio collega! -
Corradelli si girò verso Francesco, che iniziò a temere. Ma non tremò.
- Ciccio! Sei tu? Mariiiia come crescesti! Si propriu beeeeddhu! -
Francesco arrossì, senza smuovere l'arma da davanti a sé. Ginevra e qualcun altro soffocarono le risate.
- Zio Nino, ti dichiaro in arresto per spaccio di sostanze stupefacenti. -
DiGei si avvicinò, senza fretta, rigirando le manette. - E pensare che qui non potevo entrarci...! - Le mise a Corradelli, poi se ne andò fischiettando.
Tutti i malviventi furono presi, Francesco raggiunse Ginevra e le mise la sua giacca addosso. Lei ringraziò, poi lo squadrò. - Sai che non potevi arrestarlo, vero? -
- Si, ma se ora accetti di uscire con me ne sarà valsa la pena! -

Alla fine, la tesi di Francesco faceva schifo, e fu letta dalla ragazza... e corretta.
Doriani andò in pensione due giorni dopo, DiGei continuò a non fare un tubo.
Ma Francesco entrò in squadra comunque.

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La vostra Ivy