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sabato 28 giugno 2014

Vacanze (involontariamente) romane

Buonanotte cari lettori!
Eh si, sono ancora viva. So di non essere molto presente, perdono... Ma se mi conoscete, o avete imparato a conoscermi, dovreste aver notato che in estate sono un po' altalenante! (Anche in inverno, ma soprattutto in estate).
Ho notato che abbiamo raggiunto il traguardo delle 8000 visualizzazioni: grazie di cuore amici miei!
Vi piace il nuovo cursore? Mi aspetto una risposta!
Questa sera vi scrivo, come promesso mesi or sono, dell'avventura romana... Divertitevi!




Fumo. Caos. Gente ovunque, che correva ovunque, che arrivava da tutte le parti.

E quattro persone che si stagliavano su tutte. In cima c'è un ragazzino con gli occhiali, che trascinava un trolley nero e rischiava più volte di inciampare. Dietro una ragazza un po' più grande, che correva come il fratello: ma, dettaglio non trascurabile, il suo trolley è rosa. In fondo alla coda madre e padre, più lenti dei figli, ma ugualmente febbrili. Correvano in direzione del binario 8, partiti dal fondo del binario 11 solo qualche minuto prima. Il loro treno, da fedele servitore di Trenitalia, s'era fermato ben un'ora in più del previsto a Napoli Centrale, e a quel punto, a Roma Termini, era una lotta per la coincidenza.
I ragazzi arrivarono a destinazione: finalmente il binario 8 comparve dietro la nebbia, ma... Del treno nemmeno l'ombra. Al suo posto, un FrecciaRossa diretto a Torino. Il loro era diretto a Verona.
- Diamine! - imprecò la figlia, mentre i genitori, col fiatone, li raggiungevano. - Mamma, è partito. Per 5 minuti! L'abbiamo perso! -
La madre imprecò in modo colorito. - E ora? -
- E ora... Vado a ... a chie...dere un... rim...rimborso, o un altro ... treno. - Il padre aveva messo le mani sulle ginocchia e respirava a fatica.
Una donna passò trascinando la sua valigia. - Avete perso la coincidenza? - Era Federica, un'insegnante seduta vicino alla ragazza, diretta a Brescia.
- Già... Tu pure? -
- Si, ma ho trovato un altro treno... Buona fortuna! - Scomparì di nuovo nella nebbia della stazione.
L'uomo nel frattempo aveva ripreso fiato. - Vado al banco assistenza. -
- Aspetta, Diego - lo avvertì la moglie - prima chiedi ad un controllore! -
Per svagarsi, i tre guardavano la folla, commentando chi passava.
Incredibile quanta gente c'era quel giorno! Come al solito pullulavano turisti cinesi e giapponesi, spinti dal richiamo della Città Eterna; tuttavia c'erano molti più polacchi, preti e suore del solito.
- Cielo! - esclamò Paola. - Ma domani c'è la Santificazione dei due Papi! Ecco perché ci sono tutti questi rappresentanti del clero! -
- Mai visti tanti preti e suore assieme - disse la ragazza.
- Susu, porta fortuna Rebecca... -
Al contempo, molti cameraman e giornalisti correvano verso l'uscita sorreggendo la pesante attrezzatura.
- Mamma, ma quanti sono? - Roberto, il "piccolo" di casa, era a bocca aperta. Scoppiò a ridere quando una donna, che a quanto pare si sentiva particolarmente affascinante, prese una storta alla caviglia dopo essere inciampata su un trolley e aver perso la stabilità del suo piedone, disteso nella décolleté tacco 15 rosso Ferrari.
- Un paio di sneaker no? Così impara... - borbottò Rebecca.
Diego tornò dopo pochi minuti. - Niente da fare Paola: non ce ne sono nelle prossime due ore. Andiamo a fare reclamo -
I quattro si avviarono verso il banco assistenza clienti. Inutile dirlo, questo - già molto pieno di suo - era oberato di persone provenienti dal loro stesso treno.
Accanto a Roberto si erano appostate tre nonnine, che a Rebecca ricordarono molto le tre Moire.
- Maria! - urlava una all'altra appena arrivata. - Ma dov'eri? Ti stavamo cercando! -
- Giovanna, ero lì in fondo! - Anche l'altra urlava.
- Cooosa? Che hai deeetto? - gracchiava la testa.
- Ho detto... Che ero... Lì in fondo! - sbraitò la seconda.
Roberto sghignazzava. Ma non veniva udito, a prescindere da quanto ci sentissero i suoi vicini: il rumore al banco era assordante. Una mandria di bufali con numeri in mano tentava di sgomitare per il proprio turno, impaziente di tornare alle rispettive case.
- Eccomi! Allora, c'è un treno per Bolzano alle 23. Abbiamo un buono per cenare. -
Rebecca guardò l'orologio e sussultò. - Ma sono le 17! Io sono stanca! -
- Non brontolare - la rimbeccò la madre.
Trascinarono i loro bagagli fino alla sala d'attesa. Diego si sedette. - Io rimango qui con le valigie - disse - voi andate a farvi un giro, la stazione è molo grande! -
Madre e figli s'avviarono verso il corridoio principale. Tabelloni grandi come porte-finestre erano illuminati a giorno per mostrare i treni in partenza e in arrivo, mentre colonne girevoli alte fino al soffitto pubblicizzavano il nuovo cellulare della Samsung o il nuovo paio di occhiali di Emporio Armani.
I negozi si susseguivano ai lati e al centro, come piccoli isolotti nel mare di gente. - Ci sono più negozi qui che a Trento! - ironizzò Rebecca.
Scelsero uno dei tanti bar e presero un caffè, l'ennesimo della giornata. Rebecca era giù d'umore, e la madre provò a tirarla su. - Guarda quanta gente puoi esaminare! Avrai da scrivere per un bel po', con tutti questi personaggi! Ed è un'avventura! - Le fece l'occhiolino.
- Si, Mamon, ma ti rendi conto che dopo 17 anni sono finalmente a Roma... E non la posso visitare? - Gettò uno sguardo malinconico ai vetri bagnati dalle lacrime del cielo.
Paola l'abbracciò. - Su piccola, ci torneremo... -
Roberto, geloso per natura, andò ad abbracciare le due donne. - Facciamo un giro? -
Entrarono in qualcuno dei negozi, ma la voglia era troppo poca per fare shopping. Così tornarono alla sala d'attesa, facendo attenzione a non scivolare sul pavimento bagnato, a causa degli ombrelli variopinti tenuti in mano dai turisti che disperdevano goccioloni lungo il passaggio.
Rimasero lì per qualche oretta, passando il tempo tra smartphones e chiacchere distratte. Presero un caffè in un bar al centro della stazione. - Eh 'nzomma - cinguettava la barista pulendo un lavandino. - Me sò messa a dieta. Niente più dolci finché nun me tolgo sti rotolini! -
- Ma dai? - esclamò la collega. Lei non era romana: lo si capiva dall'accento. - Ma non sei grassa! -
- Amò: nun me pijià perr culo. -
Girarono ancora per un po' a vuoto.
- M'è venuta fame - si lamentò Roberto.
- Andiamo a mangiare allora! - trillò Paola. Come mai fosse tanto esaltata da quella sfortuna, Rebecca non riusciva proprio a capirlo. - Prima però, un salto al bagno! -
Scesero le scale e svoltarono. Ma, a sorpresa, c'erano i tornelli. Bisognava pagare.
- Un euro! - urlò la ragazza. - Mamma, è una truffa! La mia pipì m'è costata di meno! Me la tengo, se lo scordano! - Inoltre, dalle porte trasparenti intravide una donna che si stava lavando i denti, e una che si risciacquava le ascelle. Decisamente poco igienico.
- Va bene, tirchia - sospirò lei. - La faremo al ristorante, okay? -

Andarono nella mensa dove potevano spendere i buoni per la cena. Prima gli uomini, poi le donne.
Aspettando il suo turno, Rebecca si guardò attorno. Persone di tutte le nazionalità si susseguivano ai tavoli, mangiando tutti le stesse cose, ma con stili diversi. C'era chi tagliava la banana nel piatto, chi la divorava come una scimmia, chi la sbucciava meticolosamente per poi staccarla con le dita; così come la carne, il brodo, l'insalata. Alcuni mangiavano da soli, altri in silenzio, altri discutevano animatamente della partita proiettata sui televisori, altri ancora del lungo viaggio effettuato e di quello da effettuare.
Arrivò il turno delle donne. Paola sgridò Diego di aver preso troppa roba: - Dobbiamo viaggiare, dovresti mangiare leggero! E se ti senti male? - Il marito replicò con una simpatica linguaccia.
Presero un vassoio, ci misero sopra insalata e pane. Andarono al banco secondi, dove un uomo robusto con un grembiule succinto e troppo piccolo stava mescolando distrattamente lo spezzatino. Alzò gli occhi, e con voce pigra disse: - Signore, nun c'avete er primo! Ve conviene er menù, ce risparmiate! -
Rebecca lo ascoltava rapita, come se stesse parlando francese. Quant'era bello il romanaccio!
Paola si limitò a sorridere. - No grazie, prendiamo solo il secondo. Per me solo le patate. Tu Rebecca? -
- A signò, ne è sicura? Me pare 'n po' ppoco. Ma vabbé, cavolacci sua. Per te? -
- Io prendo lo spezzatino. E... Non so se prendere le patate... -
L'uomo mise in un piatto la carne. - A ragazzì, pijiate le patate. Le voi? -
- Va bene, mi ha convinto! -
- E brava a ragazzina! - trionfò lui. Passò alle donne i piatti colmi. Dietro di loro una signora attempata ma ben vestita ordinò: - Excusez-moi, Monsieur, pommes frites, s'il vous plait. -
L'uomo sbuffò. - A segnò, er francese no! Pijia le patate? -
Rebecca non sentì il resto della conversazione: lei e la madre erano già scappate via ridendo.

Federica, l'insegnante che era con lei sul treno, le inviò un messaggio. Era riuscita a trovare una coincidenza e stava tornando a casa.
- Che fortuna - commentò Paola addentando una patata un po' bruciacchiata.
- Sai che invece mi piace un sacco stare qui? - Rebecca si girava da tutte le parti, con aria sognante.
- Visto? E tu che ti lamentavi! - rise la madre.
Un uomo attempato col cappellino della Roma urlava al televisore, come se il giocatore del Napoli potesse sentirlo. Al goal di quest'ultimo, una famigliola si alzò per esultare: padre e figlioletto avevano la stessa identica pettinatura. Rebecca lo trovò alquanto dolce.
- Rebecca - le chiese Diego - andresti a prenderci due caffè? -
- Certo. - 
Al bancone, il barista si dilettava con un uomo non tanto sobrio. - Amico mio, provate sto caffè: vera miscela arabbica! Altro che caffè corretto, viene dritto dritto dal Brasile! - 
Rebecca si schiarì la voce. - Mi scusi, vorrei tre decaffeinati... -
L'uomo distolse l'attenzione dal cliente. - E se io non volessi darteli? - ridacchiò.
- Potrei farmeli io, se mi dice come. - 
- Loretta! Hai sentito la signorina, vuole tre deca! -
- Subbbito! - trillò la collega. - Li bevi tutti tu? -
- No - rise lei - Li porto al tavolo! - 
- Allora te li metto su un vassoio. - Eseguì. - Ecco a te, zuccherino: attenzione, che lo rivoglio indietro! -
- Sarò velocissima! -
Bevuti i caffè, Rebecca corse a riportare il vassoio. - Veloce come il vento! Anche se ci sono troppi ostacoli da evitare: non farò mai la barista!  -
- Bravissima zuccherino. Grazie per aver rallegrato questa serata, alla prossima! -
Rebecca saltellò fino al tavolo. - Mamma, andiamo al bagno? -
- Ci sto. -
Una donna decisamente in sovrappeso chiese loro gli scontrini. Almeno lì avevano già pagato.
Le luci erano blu e soffuse, e i bagni alla turca s'alternavano a quelli tradizionali. Nemmeno l'ombra di spazzolini o ascelle. Perfetto.
- Guarda mamma! - esclamò Rebecca, notando che l'asciugamani elettrico emetteva una luce verdastra. - Per una volta in vita mia ho il pollice verde! Sembra la mano del Grinch, o di Hulk! - Rise. Paola rise con lei.

Uscirono dalla mensa verso le dieci. Camminando, Rebecca vide due hostess passarle davanti e si fermò.
- Cosa c'è? - le chiese Roberto.
- Guardale. - Indicò le due donne al fratello. - Che eleganza! E che divise, oh, farei il loro lavoro solo per la divisa, credimi! Sono così di classe! -
- Uhm. Si, di classe... Anche se io noto altro! - ammiccò. La sorella gli diede uno schiaffetto affettuoso sulla nuca.
Si fermarono a vedere lo scorcio di Roma che s'intravedeva dalle porte aperte.
- Ti ci vedrei a vivere a Roma - commentò Paola - Ti divertiresti: è piena di quei ruderi che tanto ami! -
Rebecca si limitò a fulminarla. 
- Secondo te cos'è quello? - Indicò al padre una statua dorata sopra ad una banca. - Una Madonna o un Cristo Redentore? -
- Una Madonna? - azzardò Diego. - Non vedo bene... -

- Accidenti, io sono senza occhiali... Provo a fare una foto col cellulare. - Non uscì molto.
- Secondo me è Gesù - sentenziò Roberto. 
- Chiediamo a quegli uomini! - 
Rebecca e Roberto chiesero ad un tassista, felice quando vide arrivare due potenziali clienti, piuttosto seccato ma sempre cordiale quando se ne andarono ringraziando.
- Era Gesù! - esultò Roberto.
- Forza. Andiamo al treno. -

Il treno in questione si rivelò più comodo del previsto, grazie al cielo. Il mattino dopo sarebbero arrivati a Trento.
- Sai, mamma - commentò Rebecca, prima di crollare, vinta dal sonno. - Mi piacerebbe vivere a Roma. -
E s'addormentò.


E così anche io, finalmente, mi addormento. Buonanotte miei cari lettori!
Ivy


Ps: vicende tratte, almeno in parte, da una storia vera. Grazie a tutti quelli che hanno reso avventurosa l'esperienza catastrofica!