. . . All you life, you were only waiting for this moment to be Free . . . * Nulla enim culpa est in somnis.

mercoledì 24 aprile 2013

Pubblicità&Natura

Gooood morning people! Come ce la passiamo?
Da oggi fino al 5 maggio sarò impegnata in uno stage di giornalismo al Film Festival della Montagna di Trento (suona bene, eh? ;D) e quindi se troverete qualche testo qui è perché ho un buchetto (cosa rara ma non impossibile). Come ora, che devo attendere due cosucce, e ho pensato bene di tirare fuori un testo iniziato qualche dì fa e non concluso, complice anche il brutto tempo... Che aveva bloccato l'ispirazione (ora capirete il perché).
Innanzitutto, vi invito a seguire su Twitter l'evento (https://twitter.com/trentofestival), a mettere "mi piace" alla pagina Facebook (https://www.facebook.com/trentofestival?fref=ts) e seguire il canale su Youtube (https://www.youtube.com/user/TrentoFilmFestival). 


E ora buona lettura!



Marzo. La vita trascorre tranquilla, serena, senza tanti scossoni. Per un po’ di tempo piove, ma non importa, non dà fastidio… Il fastidio inizia quando la pioggia finisce. Esce il sole, si tirano fuori dall’armadio le maglie con le maniche corte, si poggiano sul naso gli occhiali da sole. Si fanno gite, scampagnate, o semplici passeggiate per la città. E… parte il primo. Poi il secondo, poi il terzo. Il quarto, il quinto, il sesto… E continuano, continuano, è una tortura…
Vi state forse chiedendo di cosa sto parlando? Eppure è così intuibile…
GLI STARNUTI. Quelle insulse convulsioni momentanee che vi costringono a strizzare gli occhi, piegarvi in due, mettere la mano davanti, espellere muco disgustoso… Non continuo o vi verrà la nausea. Eppure è così, è tutto naturale, disgustosamente naturale.
Non a caso uso il termine naturale: infatti è proprio la Natura la causa di tutto ciò. Quanti di voi starnutiscono solo al sentire i termini polline, nocciolo, graminacee, oleacee, etc.? Io si, e non è una bella cosa, ve l’assicuro.
Immaginatevi un’aula scolastica silenziosa un mercoledì mattina, tema in corso, il canto dei fringuelli poggiati sull’albero di fronte alla finestra che s’insinua nella stanza assieme ai raggi dorati del sole, per altro silenzio, tutti concentrati, e TU, orribile persona affetta da allergia convulsa, inizi a starnutire senza ritegno, a soffiarti il naso come se suonassi un trombone,  a scusarti col vicino di banco perché hai fatto la muraglia cinese con la carta bianca piena di roba indescrivibile, a sorbirti le occhiatacce di prof e compagni in silenzio perché puoi SOLO stare in silenzio, ti senti in colpa e maledici tutti gli esseri viventi a cominciare da quelli dotati di clorofilla!
In seguito iniziano gli effetti collaterali: occhi in Panda Style (cerchiati dalla matita nera messa al mattino perché inavvertitamente strofinati con foga) e rossi come quelli di Bella di Twilight dopo la trasformazione, senza contare quel persistente prurito a naso e/o palpebre. Odio, odio profondo.
L’unico che ti può salvare è IL SALVATORE: che si chiami Zirtec, farmaco omeopatico, curetta della nonna o simili, c’è sempre quel farmaco che ti blocca tutto per mezza giornata, giusto il tempo di tornare a casa, sicura di non aver problemi se mantieni le finestre chiuse…
…ma se abiti coi tuoi genitori, ciò non accadrà, perché a Marzo inizia il caldo, mettono le piantine sul balcone (e se non lo fanno loro lo fa la vicina) e gli starnuti continuano.
E’ la dura vita dell’Allergica Alla Natura…
E con questo, buona primavera a voi!

Ivy

domenica 7 aprile 2013

Sotto la doccia

Buonanotte signori! E' da tanto che non sono sdolcinata, vero? Oggi temo che la mia parte poetica abbia preso il sopravvento, sebbene in modo malinconico... Godetevela ;D

Roberta si svegliò di soprassalto. Un altro incubo. Si sedette, massaggiandosi le tempie. Che mal di testa.
Provò a ristendersi e addormentarsi nuovamente, ma per quanto si sforzasse non ci riuscì. Rassegnata,  buttò le coperte a terra, s'alzò con stizza e si guardò allo specchio. Parte del mascara, colato la sera prima, s'era seccato sulla guancia arrossata. Il restante giaceva in una pozza grigiastra sul cuscino. Gli occhi, ancora semichiusi, trasparivano tristezza. Non si lavava da giorni, ma ormai non sentiva nemmeno più il puzzo, sebbene i capelli fossero unti e scompigliati.
Pensò di prendere un'altra pasticca e dormire ancora un pò. La nausea però le attanagliava lo stomaco, il mal di testa pulsava, e la sera precedente aveva decisamente bevuto troppo.
Bere per dimenticare, che cavolata.
Infilò a fatica le pantofole e ciabattò fino alla cucina. Aprì il frigorifero. Birra, birra, birra. Latte, ottimo.
Lo tirò fuori e lo versò in una ciotola, a cui aggiunse cornflakes. Poi tirò fuori il tablet e aprì Facebook.
Coppiette. Cuoricini rosa e neri ovunque, una quarantina di persone in chat, foto truccate e acconciate scattate in bagno , frasi filosofiche e battute idiote. Troppo. Ilenia, l'amica del cuore, le chiese come stava via chat.
"Se ti fosse interessato veramente m'avresti chiamato" pensò lei. Non rispose, e fu tentata di chiudere, quando l'occhio le cadde su una frase pubblicata da una di quelle pagine gestite da ragazzine depresse: "L'unica soluzione per superare i momenti bui è dimenticare chi li ha portati e andare avanti".
"Non è vero" pensò Roberta. Non si può dimenticare una persona, si può dimenticare ciò che ha fatto.  Anzi, nemmeno l'azione: servirà in futuro per ricordarsi di fare meno errori.
Sebbene l'errore non fosse di Roberta.
Anche i cornflakes iniziavano a nausearla: buttò la ciotola nel lavandino e lasciò scorrere l'acqua. Dunque si trascinò svogliatamente verso il bagno, aprì il rubinetto e si sciacquò il viso. L'acqua la svegliò, ma il viso non bastava. Si tolse la canottiera aderente e gli slip coordinati e s'infilò sotto la doccia.
Ci volle poco tempo perché se ne pentisse: ogni goccia portava un ricordo, un pensiero, un dolore, un amore. L'acqua s'insinuava nei luoghi più intimi e reconditi del suo corpo, le carezzava le curve come l'uomo che le aveva apprezzate, amate, e poi gettate al vento. 
Solo tre anni prima aveva conosciuto Gabriele grazie ad un'amica comune. Li aveva portati a Gardaland per avere una scusa coi genitori: infatti non approvavano il suo ragazzo, che li attendeva già sul posto: due coppie, impossibile non fare la fine dell'appuntamento combinato. 
All'inizio sembrava tanto carino, ci provava teneramente, quasi timidamente. Mano a mano perse tutte le tenerezze, diventò quasi rude, esigente. Geloso fino alla nausea. Una volta la chiuse perfino in camera sua. Era geloso persino del suo vicino di casa, tanto che arrivò a minacciarlo se l'avesse salutata.
A lei questo andava bene. Lo amava, era disposta a stare sola con lui per tutta la vita. Chissenefrega se la scuola si lamentava del suo rendimento, le amiche s'irritavano, i familiari le urlavano contro. Aveva Gabriele, e tanto le bastava. 
Andò a vivere da sola, diciott'anni e tanti sogni. Trovò lavoro in un bar, diventò indipendente. Tuttavia anche il lavoro lo disturbava: troppa gente veniva a contatto col suo corpo, l'osservava, le parlava. Iniziò a proibirle di andare a lavorare, talvolta la picchiò. Divenne un angelo racchiuso in un harem, per citare l'unico amico che le fosse rimasto, Luca: lo contattava via Facebook in quei rari momenti liberi, quando Gabriele non rimaneva a casa con lei. 
Ben presto però la scuola finì, e Gabriele rimase a casa sua ventiquattr'ore su ventiquattro. S'era ridotta a guadagnare soldi coi video idioti su Youtube e attingendo dai risparmi di un'infanzia. Comunque troppo pochi per l'affitto, il cibo, le tasse... E internet, suo unico collegamento con l'esterno, che dovette tagliare per far bilanciare i conti.
Fino al giorno in cui qualcuno bussò alla porta: Gabriele aprì la porta. Sulla soglia, Luca. 
Entrò. Iniziò a fare una scenata a Gabriele, il quale si girò verso di lei e iniziò ad insultarla: l'aveva tradito, lui aveva rinunciato a tutto e lei l'aveva tradito... Ma Luca non era a mani vuote. Tirò fuori una fotografia: ben visibili dietro una macchina, Gabriele ed una bionda erano avvinghiati accanto alla moto di lui. 
Gabriele s'avventò su Luca, il sangue si sparse sul tappeto, e Roberta agguantò il telefono e chiamò la Polizia. Gabriele se ne accorse, ma Luca lo trattenne.
Denunciare Gabriele fu la cosa più difficile della sua vita, ma anche la migliore. Luca ne uscì solo col labbro spaccato. Lei col cuore in frantumi.
Attraverso il getto d'acqua riusciva ancora a scorgere macchie violacee e giallognole sulla pelle, che coprì con una buona dose di bagnoschiuma. Quando poi il peso dei ricordi iniziò a diventare insopportabile, uscì.
Si vestì alla meno peggio, fece uno chignon coi capelli ed uscì. Era così bello il sole sulla pelle.
Salì due gradini alla volta davanti ad una casetta rossa a schiera. Fece un bel respiro, e bussò. 
Una donna sulla cinquantina aprì il portone con in mano un asciugamano, che le cadde a terra dalla sorpresa.
"Ricominciamo dalle cose importanti", pensò Roberta. Poi, con un sorriso, disse: "Ciao mamma."
La donna la stritolò in un abbraccio profumato di casa.

Pareri? Mi sono lasciata troppo andare? Un bacione!
Ivy