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lunedì 27 gennaio 2014

Premio "Fiaba o Racconto di Natale"

Signori e signore, buonasera!
Chiedo venia se mi sono assentata per un po' di tempo, ma porto risultati: sono felice di farvi sapere che la vostra piccola blogger improvvisata ha ricevuto ieri il premio "26° Premio Fiaba o Racconto di Natale" del comune di Centa S. Nicolò! Siate felici per me - o almeno contenti, vedete voi... Ed eccovi il testo vincitore della sezione "Superiori Singolo". Buona lettura!

Il compleanno di Gesù

C’era una volta un Natale nevoso, come quelli dei film sull’esistenza di Babbo Natale e dei libri ambientati a dicembre. La piccola Zara camminava sul soffice manto bianco, il nasino all’insù umido e roseo. La sua risata cristallina, simile al colore dei fiocchi che si posavano sul suo cappottino rosso, risuonava nel vicoletto illuminato dalle luci dorate. La sua mamma, indaffarata sul Blackberry, non badava a dove stava andando… E la dolce Zara, impegnata coi suoi nuovi, freschi amici, non s’accorse del palo che si frappose tra lei e la testa della donna, che cadde sul sedere. “Diamine! Che ci fa un palo in mezzo alla strada?” imprecò lei. Solo allora la bimba la raggiunse, preoccupata; prese una manciata di neve e la posò sul capo arrossato della madre. Lei però non apprezzò: si scostò di dosso bambina e fiocchi e si rialzò, lisciandosi il soprabito ornato d’ermellino. “Zara, è Dior, non puoi bagnarmelo!” Poi si zittì. La bimba si girò, ed iniziò a battere le mani e saltellare: ciò a cui la sua mamma era andata addosso era un enorme tronco, che sosteneva un presepe gigante, attorniato di animali e persone travestite da pastori. Zara corse dentro alla capanna, inginocchiandosi accanto alla donna che rappresentava Maria, che le sorrise. “Vuoi tenerlo in braccio?” chiese, indicando il bimbo. Zara s’illuminò e tese le manine. Maria pose il bambino con estrema delicatezza, e la piccola lo abbracciò, attenta come se fosse di vetro. “Come ti chiami?” le chiese Maria. “Zara” bisbigliò lei. “Tu sei Maria?” “Già. Che bel nome che hai, Zara. In ebraico significa «sorgere della luce», compare anche nella Bibbia.” “Davvero?” si stupì la bimba. “La mia mamma me l’ha messo perché è uno del suoi negozi preferiti.”
Nel frattempo carezzava piano il bimbo, facendo attenzione affinché non toccasse la neve. Il piccolo le sorrise e, miracolosamente, quando lei lo avvicinò alla spalla le parlò nell’orecchio, facendola sobbalzare. “Ciao Zara” disse. “Cosa vorresti per Natale?”
La bimba, eccitata ed allo stesso tempo spaventata, pensò di averlo sognato. Sarà stata la canzone, pensò, sentendo in sottofondo l’Ave Maria cantata da Michael Bublé uscire da un negozio lì vicino. Eppure, il bambino le parlò di nuovo. “Non ti spaventare… Sono Gesù Bambino, dimmi ciò che vorresti.” La piccola lo scostò dall’incavo del collo, lo guardò, guardò la donna – che le fece l’occhiolino – e lo ripose dov’era prima. “Ma Babbo Natale?” chiese. “Sono nato io il 25 dicembre, mica lui!” e rise. “Allora ti dovrei fare io un regalo!” protestò Zara. Nel frattempo, notò con tristezza che sua madre aveva riposto l’attenzione sul Blackberry. “Dimmi ciò che vuoi” ripeté Gesù.
“Vorrei… Che la mia mamma s’accorgesse di me. E che tutti i bimbi possano ricordarsi che oggi sei nato tu, e non Babbo Natale!” Il bimbo dai riccioli biondi le sospirò. Sospira! È adulto come la mamma! pensò Zara. “Il primo desiderio lo posso esaudire… Il secondo no, temo. Sono i bimbi che si devono avvicinare a me, come hai fatto tu… Io sono sempre accanto a loro, basta che mi cerchino! E ora vai dalla tua mamma, e passa un buon Natale!”
Il bimbo sembrò tornare un bambino qualunque, come per magia. Iniziò a piangere, e Zara lo porse alla donna. “Ma… Mi scusi, lei è davvero Maria?” La donna rise. “No, tesoro… Buon Natale!” e pose il bimbo nella mangiatoia, posandogli sopra un piumino ed un plaid a quadri per tenerlo al caldo.
Zara salutò con la manina la donna, accarezzò l’asinello accanto a lei e tornò dalla sua mamma.
Incredibilmente, vedendola, la madre posò il cellulare e le sorrise, prendendola in braccio. “Mamma, ti sporcherò il cappotto con le scarpe!” le disse. “Non importa” replicò la donna. Zara la coprì di bacini, ed assieme andarono verso il negozio di giocattoli.
Attorniate da pupazzi, libri e balocchi d’ogni tipo, la mamma le chiese di scegliere il regalo di Natale. Zara si guardò attorno, poi scelse un libro nascosto da altri più colorati. Lo strinse al petto e disse: “Mamma, voglio questo!”

Vent’anni dopo, la notte di Natale, dopo aver letto un pezzetto del libro «La storia di Gesù per i più piccoli», Zara raccontava l’incredibile storia di quella sera ai suoi due bimbi, seduti su una panchina di fronte al presepe vivente. I bimbi vollero avvicinarsi al bimbo, toccarlo, prenderlo in braccio; dopodiché tornarono delusi dalla mamma. “Mammina, Gesù non ci ha parlato!” le dissero. “Tesori miei” rispose lei sorridendo dolcemente, “vi siete avvicinati a Gesù, ora lui è più vicino di quanto pensiate! Ma questa notte ha tanto lavoro da fare, deve accontentare tanti bimbi, che non sono fortunati come voi… Quindi l’unica cosa che potete fare è pregare, perché sono le vostre preghierine che gli danno la forza di arrivare a tutti!”
I bimbi, presi per mano mamma e papà, entrarono nella chiesetta antistante e, inginocchiati sulla stessa panca, pregarono a lungo, affinché Gesù Bambino arrivasse a tutti i bambini, la notte della sua nascita.

Spero vi sia piaciuto... Vi allego due foto dell'evento. A presto!
Vostra,
Ivy

domenica 5 gennaio 2014

Dolci ricordi attuali

Buonassera buonassera!
Ecco il primo post dell'anno, only 4 you!
E auguri colleghe mie, spero che vi siate riposate abbastanza, perché il lavoro che avete fatto stanotte è nulla in confronto a quello che dovrete fare domani!
Come avete passato questa prima settimana? Spero meglio di me (sigh), perché mi sono quasi ripresa da un ricovero in casa mooolto breve in lunghezza ma mooolto lungo in sostanza.
Anche se devo dire che è stata una piccola fortuna post-cenone, ho perso subito i chiletti presi!
Sicché ho preso taaante tante coccole!
Ragazzi miei, credo che tutti almeno una volta nella vita si meriterebbero una settimana di rewind... Tornare bambini per un po'. Io quando ho la febbre (o sto male in generale) divento ancor più lagnosa del solito, la depressione ambulante: piango, tengo il muso, dormo, cose che normalmente è difficile vedermi fare. Grazie al cielo, questa volta avevo i miei genitori a casa per le vacanze di Natale: per quattro giorni sono tornata a quando avevo sette anni, a quelle piccole cose che, fra lo studio e la tanta voglia di crescere, m'ero proprio dimenticata.
Sono stata ore e ore sotto le coperte. Godevo appieno il momento in cui mi ficcavo nel piumone tutta tremante, mentre lui aveva deciso di riscaldarsi con calma, grazie al mio movimento e al mio respiro rotto dalle placche in gola.
Ho dormito con la mia mamma accanto. Le ho stretto la mano addormentandomi e mi sono svegliata abbracciandola, con la paura di attaccarle la febbre; ma lei instancabile continuava a curarmi, a misurarmi la temperatura, a bagnarmi la fronte quando arrivava a 39°, a sopportare il pupazzo tra di noi e il puzzo che emanavo (è stata un'esperienza orribile, cari i miei lettori... Sudare e non potersi lavare! Mi vergognavo di me stessa, e ora lo ammetto. Perché sono fresca e pulita ;D). E poi alzarsi dal letto - con mamma alle calcagna, peggio della CIA, per paura ch'io possa svenire in bagno - e giungere in cucina, dove il mio papà, dopo avermi spupazzata un po', mi prepara il the (che mi fa schifo a dir la verità, ma non potendo bere altro è la cosa più dolce della Terra), stanco perché all'una è dovuto scappare in Guardia Medica a prendere l'antibiotico.
Dunque mi piazzavo sul divano - con parecchia fatica visto che ero tutta rotta, testa girevole compresa; e mi avvolgevo nel plaid con le maniche di Hello Kitty come una piadina con la maionese e il tonno. Dunque arrivava il fratellino coccoloso e mi rompeva una costola in un abbraccio. Poi partiva un film alla TV. Poi tentavano di farmi mangiare e scoppiavo a piangere, così mi facevano le coccole (ma dovevo mangiare comunque); e poi sparavano medicine incredibili: gargarismi con limone, spugnature, risciacqui con aceto, acqua e sale (grazie Milena, la tortura peggiore)... Una peggio dell'altra.
Però che bello vedere mamma che arriva con la spazzola e ti sistema i capelli, papà con in mano il pentolino con la pastina col formaggino pronta a scendere giù per la gola dolorante! E scoprire che la tua amica - che odiosamente pensavi t'avesse dimenticata - in realtà aveva la tua stessa patologia, e quindi potrete scambiarvi anche il nome dei medicinali e le foto del pupazzo del cuore.
E infine, vedere che la febbre è sparita non sembra più una gioia, ma una disdetta. Perché era da un po' che non ti sentivi così coccolata... Non ne avevi tempo, non ne avevi voglia. Eppure è così semplice, ritagliarsi un po' di tempo per sé.
È stato infatti bellissimo  ottenere, malgrado fossi sana e (quasi) in forma, il privilegio di avere i capelli lavati dalle dolci mani della mia mamma, asciugati a calore e amore - ovviamente - meglio del solito.
Ah: quest'anno ho avuto un Befano che s'è alzato ore prima di me per comprarmi un bagnoschiuma. Puzzavo proprio!
La vostra Befana in convalescenza
Ivy

...Come vi sembro?