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venerdì 11 ottobre 2013

Augusta come Ottaviano

Buooon pomeriggio miei dolci lettori!
Prima che mi diciate di cambiare spacciatore dopo aver letto il titolo, ne specifico il significato.

Il riferimento ad Ottaviano è dedicato al testo di oggi: una nuova "Intervista Impossibile" in puro stile Eco, come quella precedente leopardiana, ma dedicata al Magnus Ottavianus Augustus.
E siccome Augusto significa Degno di venerazione e onore, me lo attribuisco per una sera, per farvi capire come mi sono sentita quando grazie a voi ho visto questo:

Grazie di cuore. Enjoy yourselves!

Roma, 29 a.C.
Destra, sinistra, giro. Destra, sinistra, giro. Destra, sinistra, giro.
Rosicchio le unghie, mi ravvivo i capelli, passo la mano sugli occhi, sistemo la veste, ricomincio. Destra, sinistra, giro.
Tra cinque minuti entrerò nel SUO ufficio, al SUO cospetto, e LO fisserò negli occhi e GLI PORRO’ delle domande. E’ difficile stare tranquilli.
Destra, sinistra, giro.
Ripasso mentalmente la scaletta. Sudo freddo, temo un lapsus improvviso, sbuffo.
Destra, sinistra, giro.
Una voce. O meglio, un uomo che si schiarisce la voce. Deglutisco, poi avanzo, la veste frusciante alle spalle e una tavoletta in mano. Alea iacta est.
“Mulier, può entrare.”
La stanza è circondata d’ori e d’argenti, con raggi di sole che fanno capolino da larghe fessure accecando chiunque entri. Lui, steso su un triclino, si sta facendo imboccare da due giovani, probabilmente concubine. Dall’aspetto si direbbero egiziane.
M’inchino. Lui fa cenno d’alzarmi. Mi guarda e scoppia a ridere. “L’emancipazione femminile andrebbe fermata! Ma chi può fermarla? Ah giusto, IO!” Ride. Poi indica un tappeto. “Siediti. Dimmi, veloce."
Obbedisco, mi schiarisco la voce ed inizio: “La Sua non è una figura nuova per le pagine di attualità di Urbs. Ricordiamo ad esempio le sue lotte con Antonio…”
“Ah, si, Antonio…” si guardò le unghie, mangiò un acino d’uva e riprese: “E’ stata anche per me una sorpresa sapere che Zio Cece nominasse me come successore e non Antò. Io stavo cambiando la moda ai Parti quando lo venni  sapere…”
“In che senso scusi?”
“Nel senso che adesso vestirebbero con tuniche tinte di rosso e lacerate da spade!” e qui sghignazzò  “Purtroppo non ne ebbi tempo. Dovetti correre in Urbs (Roma, ndr) per evitare che Antonio mi prendesse il potere. Mettermi in buona luce con Cicerone, coi conservatori moderati, col Senato… Me ne stesse simpatico uno solo! Macché. Gentaglia, uno peggio dell’altro. Poi nel 43 il rammollito se l’è svignata… Invano tentò d’accaparrarsi la Gallia Cisalpina. E sì che ‘Le Filippiche’ di Cicerone avevano convinto anche me! Si sarebbe dovuto fermare prima, il mio caro cuginetto acquisito. Poi quei vecchi scemi del Senato non vollero eleggermi console. Dovetti allearmi con Lepido ed Antonio, andando contro i miei stessi principi, ma almeno grazie alle mie truppe ottenni il consolato e mi dovetti inventare una nuova costituzione: uccisi qualcuno qua e là con le Liste di Proscrizione – forse un po’ ci rimasi male per Cicero, ma solo un pochino -, sconfissi i Macedoni ribelli – avrei voluto uccidere i traditori della loro stirpe, ma Bruto e Cassio fecero tutto da soli -, diedi terre ai veterani ed infine, con mio sommo dispiacere, dovetti combattere a Perugia contro quegli inetti degli Antoniani.” Ingoia altri acini d’uva, solleticando la mano che glieli porge.
“Ma comunque non sfidò Antonio personalmente…”
“Non subito. Si misero in mezzo Mecenate ed Asinio Pollone. Non avrei mai fatto loro torto. Quindi accettai sia la mia misera parte, ovvero le province occidentali, sia la vecchia Scribonia al mio fianco. Ovviamente iniziai una bella pubblicità anti-Marco Antonio, visto che quel filorientale s’era invaghito di Cleopatra e s’era dimenticato dei Parti. Se fossi andato io, altro che ritirata! Sarebbero diventati spiedini. Bisogna difendere la famiglia e lo Stato a costo della vita, non tradire entrambi!”
“Eppure ripudiò Scribonia…” constato io. Un lampo feroce gli attraversa lo sguardo. Ma forse me lo sono inventata io, perché prorompe in una roca risata.
“Non avrei dovuto nemmeno sposarla! Quella stupida megera era come un trattato diplomatico. Sconfitto lo zio non mi servì più. Non l’amavo; il mio cuore l’avevo già donato alla giovane e bella Livia.” Qui tace. Sembra pensieroso. Congeda le donne, si siede sul triclino, il volto grave.
“Mi sembra che non sia molto in forze. Non vorrei dirlo, ma temo che abbia solo pochi mesi di vita davanti a sé. Dopo il suicidio di Antonio e Cleopatra, tentai in tutti i modi di trovare un buon medico per lei. Ma non ci fu nulla da fare. Mentre io ero ad Azio, lei soffriva; ad Alessandria, lei moriva dentro. Adesso morirà anche fuori. Non so quanto la Repubblica riuscirà a sostituire questa sofferenza…”
Ottaviano <3
Quel grande uomo mi fa quasi pena. Anche lui è fatto di carne, di ossa, anche lui soffre e sorride. Sembra tanto sprezzante del pericolo, ma in realtà sotto il petto anche lui ha un cuore.
“Parliamo dei progetti futuri… Cosa pensa di fare adesso che la Repubblica Romana è stata distrutta?”
Sul viso tornò il suo cipiglio severo e baldanzoso. Si ristese sul triclino, il capo sotto il palmo destro e lo sguardo un po’ languido.
“Innanzitutto, mi concentrerò sull’esercito. Voglio un bel manipolo di uomini tutto per me, non si sa mai: se qualcuno volesse farmi fuori, dovrebbe lottare per un bel po’. Sono o non sono il grande Ottaviano?”
Penso sia meglio evitare di rispondere a questa domanda.
“Tempo qualche anno” continua, nutrendosi autonomamente, “e mi farò assegnare qualche caricuccia dai vecchi. Magari un titolone, come Magnus, o Divi, o Augustus! Ottaviano Magno… No, Ottaviano Augusto! Suona bene? Rispondi!”
“Oh, si, suona bene” borbotto per farlo contento. La scaletta, ricordati la scaletta. “Per quanto riguarda l’amministrazione? Ha qualche idea particolare?”
“Suppongo che io debba privilegiare un pochino il Senato. Magari mi comprerò gli Equites… Creerò delle cariche apposta per loro, due o tre prefetti che possano amministrare dignitosamente al posto mio. Sotto al mio potere, ovviamente. E poi dividerò le province: un paio le terrò io, il resto a quei noiosi senatori. Dividerò anche i tributi, cosicché mi rimanga un po’ di bottino personale in caso di necessità, e introdurrò un doppio sistema di monetazione, per essere sempre il più ricco. E dunque, una bella riforma sulla famiglia.”

“Di che tipo?”
“Basta adulteri. Sono stufo di sentire lamentele. Caccerò ogni donna o uomo che tradirà il proprio compagno (o la propria compagna). Darò invece premi a chi fonderà una famiglia solida e numerosa, e costringerò gli sfaticati a trovar moglie (o marito). Voglio che la gente romana abbia solide basi su cui poggiarsi, valori indissolubili, potere su ogni fronte.”
“Infine, un pensiero personale. Crede che un suo successore riuscirà a mantenere intatto il suo lavoro?”
Lo vedo perplesso. Tullio, dammi una promozione, te ne prego! Ho messo in difficoltà il grande Ottaviano!
“Sinceramente non lo so. Spero di sì, ma un po’ ne dubito. E’ difficile pensare a qualcuno che abbia man salda come me… Ci vuole carisma, furbizia, un pizzico di despotismo e autoironia. Bisogna essere degni di venerazione, ecco. Bisogna essere Augustus.”
Chiude gli occhi. Ho raccolto abbastanza informazioni. M’inchino, ed esco di scena.

Così anche io m'inchino ai vostri piedi. Au revoir, alla prossima.
Ivy 

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